Magazine Cinema
di Alina Marrazzi
con Charlotte Rampling, Elena Radonicich
Ita, 2012
Nel suo primo film Alina Marrazzi cercava, recuperandola, la figura della madre morta suicida quando lei era ancora piccola. Un assenza che lo schermo compensava con un collage di materiale d'archivio ed in super 8 che nel cercare di comprendere le ragioni di quel gesto riusciva a restituire la presenza del genitore. Un operazione che nasceva da un bisogno reale e funzionava come terapia personale per il potere catartico della rappresentazione in cui le differenze temporali tra passato e presente venivano sfumate dal ricordo struggente della figlia regista, e dalle parole del suo commento. A distanza di quel folgorante esordio e dopo un documentario (Vogliamo anche le rose,2007) che celebrava l'emancipazione femminile e femminista nell'Italia degli anni 70, la regista milanese ritorna con il suo primo film di finzione, "Tutto parla di te", presentato nella sezione "Prospettive Italia" del festival di Roma 2012.
Il film è l'incontro tra due donne, Pauline, donna matura dai trascorsi misteriosi, ed Emma, ragazza madre inquieta e sfuggente, unite dalle conseguenze di una maternità subita (da Pauline interpretata da Charlotte Rampling) o vissuta con dolore (da Emma nella versione di Elena Radonicich). L'occasione di quell'incontro è dato dal consultorio di quartiere dove Pauline passa le sue giornate ad ascoltare le testimonianze di madri che attraverso il teleschermo confessano il malessere che le ha portate in modi diversi a rifiutare il ruolo di madre con effetti devastanti sulla prole.
Pur cambiando formato ed integrandolo comunque con inserti che riprendono quelli utilizzati nei documentari, e che vedono nell'uso delle tecnica dello stop motion per visualizzare il desiderio di felicità familiare delle due donne, ulteriore segno della versatilità della Marrazzi, "Tutto parla di te" continua a scavare nei meandri di un universo femminile centrato sulla dialettica madre/figlia. Com'era già successo nel primo film, la Marazzi parte da uno spunto privato, rappresentato per l'occasione dal vissuto di Pauline ed Emma, per allargarsi ad un discorso generale, con le testimonianze "dal vivo" chiamate in causa per sfatare il tabù di una maternità che crede ancora alla cicogna. In questo modo mentre sullo schermo vediamo, e sopratutto sentiamo i racconti di madri "imperfette", dilaniate dal senso di colpa per aver solo pensato di poter fare a meno della propria prole (ma in un caso c'è di mezzo addirittura un raptus omicida) il racconto prende quota immergendosi in una dimensione di dolore e di non detti culminanti nella rivelazione che Pauline farà ad Emma, a cui racconterà le ragioni del suo tormento. Strutturato come un thriller esistenziale per il fatto di rimandare fino all'ultimo la rivelazione dei motivi che spingono il personaggio interpretato dalla Rampling ad aiutare la sua giovane amica, "Tutto parla di te" sembra la variazione dell'opera d'esordio, con la figura materna ancora una volta determinante nel plasmare la vita che verrà. Se il risultato non è formalmente perfetto perchè in qualche passaggio la potenza del materiale documentario enfatizza la diligente normalità di quello interpretato dagli attori, il film della Marazzi è coinvolgente fino alle lacrime, riuscendo ad arrivare al cuore di chi guarda e nello stesso tempo a denuncia l'inadeguatezza di una società impreparata ad affrontare certe verità. La Marazzi fa poesia del reale. Bisognerebbe diffonderla a farla vederele
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