Io Sanremo non lo guardo. Cioè anche se il televisore familiare è sintonizzato da martedì a sabato su raiuno, tutte le sere a partire dalle ventietrenta, io faccio finta di niente. Personalmente preferisco fare altro, magari leggere (si sono capace di estraniarmi fino a questo punto quando ho in mano il mio Kindle). Le canzonette mi arrivano soffuse come una base incolore e accompagnano altri pensieri. Solo al mugugno o battuta di uno degli altri, alzo distrattamente il capo, cercando di partecipare alla messa cantata sanremese.
Così dell’edizione appena trascorsa posso parlare dell’imbarazzo del bravissimo Crozza, nel senso che ho capito che non era tanto il suo imbarazzo davanti alla becera platea dell’Ariston, ma ho assistito in diretta all’imbarazzo di un’artista per i suoi stolti contestatori. Mi ha fatto un po’ pena l’imitazione di Modugno del minore dei Fiorello, ma che si deve fare per promuovere una fiction al giorno d’oggi. Di Fazio e della Litizzetto invece non posso parlare, so che di tanto in tanto comparivano sullo schermo recitando il solito falso bisticciato copione. Confesso che nei momenti in cui Fazio ci rammentava dei suoi natali artistici in veste di imitatore, io prendevo e andavo al bagno. La Luciana “nazionalpopolare” ha fatto quello che sa fare e su quel palco tanto è bastato per fare record di ascolti, dimenticando di dire che in certi chiari di luna si preferisce stare davanti alla televisione, visto che in pochi si possono permettere altri svaghi e forse ai più è sfuggita l’offerta televisiva concorrente, visto che non c’è stata.Salvo invece invece il monologo di Bisio che rispetto agli altri artisti che si sono succeduti sul palco a rallegrare gli spettatori ha avuto il vantaggio di essere l’ultimo e di “sparare” le sue battute ad un pubblico stanco dalle precedenti polemiche e quindi inerme. Lo salvo perché così come ci si aspetterebbe dal miglior giullare ha fatto ridere il pubblico mentre se ne faceva beffe. Bravo Bisio a far credere di essere lì a fare satira sui politici e invece puntare sul popolo che da qui a una settimana andrà alle elezioni, che si lamenta di questo e di quello, ma che ha anche la coda di paglia visto che i reggenti dello sfacelo sono lo specchio di quelli che che li hanno votati.
E così sulle note della colonna sonora dei Vangelis di Blade Runner, il comico ricorda che “ha visto negozianti lamentarsi del governo ladro e non rilasciare mai uno scontrino”, “ho visto fabbriche di scontrini fiscali, non rilasciare gli scontrini dicendo di aver terminato la carta”, “ho visto ciechi accompagnare la moglie al lavoro in macchina”, “ho visto sordi lamentarsi con i vicini per la musica troppo alta”, “ho visto quelli che si lamentano dell’immigrazione e poi affittano in nero ai gialli, o in giallo i neri, non mi ricordo”, “ho visto quelli che danno la colpa allo stato, sempre, comunque. Se cade un meteorite, se perdono al superenalotto, se la moglie li tradisce, se un piccione gli caga in testa, se scivolano in casa sulla cera. Dov’è lo stato? Cosa fa lo stato? Cosa c’entra lo stato, metti meno cera, pirla”…
Ah dimenticavo delle canzoni non ne salvo nemmeno una. Non credo che da qui a qualche settimana staremo a fischiettare nè quella vincitrice di Mengoni nè quella degli altri. Il Festival di Sanremo arrivata alla sua sessantatreesima edizione è un programma che non ha saputo rinnovarsi che è fatto per gli stessi spettatori che lo guardavano trent’anni fa. Quei giovani che lo guardano non lo seguono per partecipare alla messa cantata, ma solo per sbavare un altro po’ sulle icone che i reality gli hanno confezionano annualmente trasformando dei ragazzi in finti divi. Dovrebbe essere una kermesse che dovrebbe rappresentare il meglio della musica italiana e invece e diventata una vetrina di artisti di seconda fila. Ma questo è quello che passa il convento e bisogna accontentarsi. O no?