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Tutto su mia madre – Pedro Almodovar, 1999

Creato il 13 maggio 2015 da Paolo_ottomano @cinemastino

tutto_su_mia_madre_locandina_cinemastinoTutto su mia madre è un film di Pedro Almodóvar. Questa frase, oltre a essere un occhiolino troppo evidente al SEO (comunque mediamente insignificante per un blog molto piccolo), racchiude una sintesi che spiegherò qui una volta per tutte. Quando Almodovar fa un film ci mette dentro tutte le sue ossessioni, gratificando (probabilmente) se stesso nel vederle rappresentate e nel vedersi apprezzato dal pubblico che, appunto, apprezza. Gratifica anche questo pubblico, che le cerca e spesso le ritrova a spasso per la sua filmografia, anche se (come nel mio caso) non l’ha vista tutta. Scendendo nei particolari, tra le ossessioni di Almodóvar ci sono: sessualità, rapporti di coppia (coniugi, amanti, genitori-figli), amore per il cinema e il teatro, attrici ricorrenti. Cucinate con un pathos intenso, fortunatamente non troppo. Almeno nel caso di Tutto su mia madre. Ecco cosa vuol dire “un film di Pedro Almodovar”. Un film in cui le tradizionali (per quanto, ancora?) funzioni sociali maschili e femminili si confondono, s’invertono, in cui le stesse identità di genere non contano più tanto perché quello che conta, davvero, è solo la determinazione che un essere umano investe per far del bene a qualcun altro. Cosa penseremmo, infatti, di una madre che cresce da sola suo figlio perché il padre, dovunque sia, non può o non vuole più vederlo? E che non appena questo figlio muore (succede nella prima parte del film, posso permettermi di svelarvelo) va proprio alla ricerca del padre, svelandoci le contraddizioni che hanno segnato la sua vita e che cercano di scuotere anche la nostra? Penseremmo che lo fa per l’unico motivo per cui una buona madre agisce nei confronti dei figli: nessuno. Il suo istinto glielo suggerisce, glielo impone, e mentre una parte di sé la maledice un’altra, generalmente quella che vince sempre (ma non è detto che sia quella che abbia sempre ragione) la ringrazia per essere stata così sensibile, anche se dopo troppa sofferenza.


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