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tv. b. / 15 (alcatraz)

Creato il 19 febbraio 2012 da Albertogallo

alcatraz

ALCATRAZ

Il pretesto narrativo è dei più improbabili, di quelli da prendere o lasciare: nel 1963, quando il carcere di massima sicurezza di San Francisco, Alcatraz, venne chiuso, decine di guardie e prigionieri sparirono nel nulla. Nel 2012 queste persone tornano chissà come e chissà da dove in circolazione, con lo stesso aspetto fisico che avevano al momento della scomparsa e armati di cattive intenzioni. Su di loro indaga una squadra speciale (e un po’ improvvisata) dell’Fbi composta da una giovane agente di polizia, il proprietario di un negozio di fumetti nonché massimo conoscitore della storia di Alcatraz e un federale già guardia carceraria su Alcatraz prima della chiusura.

Ecco, appunto: prendere o lasciare. E soprattutto abbandonare qualsiasi tentazione razionalistica: qui, sebbene il tutto si risolva in fin dei conti in un poliziesco nemmeno troppo originale, siamo dalle parti del fantastico, dell’inspiegabile, del mistero che va oltre le leggi della scienza, del tempo e dello spazio. Questo serial, non a caso, è prodotto dall’incorreggibile J.J. Abrams, già eminenza grigia di Lost. Ed è proprio Lost il termine di paragone più evidente di Alcatraz: entrambe le serie puntano su una costruzione sempre crescente del mistero, procastinando il più possibile il momento della spiegazione; entrambe hanno al centro un’isola piena di enigmi; entrambe prevedono la possibilità, almeno teorica, dei viaggi nel tempo; entrambe hanno come co-protagonista il simpatico ciccione Jorge Garcia; entrambe sono di livello estetico-qualitativo decisamente elevato, cinematografico; ed entrambe presentano forti dosi di citazionismo postmoderno, arricchendo la sceneggiatura di riferimenti al mondo dei fumetti, del cinema, della storia recente e delle altre serie tv – la prima puntata, tanto per dirne una, si apre con un esplicito omaggio alla Donna che visse due volte, e il fatto che uno dei protagonisti sia padrone di un negozio di fumetti garantisce in ogni episodio un ampio ricorso a citazioni di natura supereroistica.

A differenza di Lost, però, ed ecco qual è il vero limite di Alcatraz, l’impostazione narrativa è decisamente statica e prevedibile, dal momento che, semplicemente, ogni puntata prevede l’arrivo di un cattivone dal 1963, che in quaranta minuti (tanto dura ogni episodio) viene identificato, inseguito, preso e incarcerato – cosa che rende questo serial terribilmente simile a un qualsiasi convenzionale poliziesco televisivo. Certo, poi c’è la macrotrama, il mistero del salto temporale che spinge lo spettatore a chiedersi come tutto ciò sia possibile, ma se non dovessero intervenire clamorose e geniali svolte narrative (per ora sono stati trasmessi 6 episodi, su 13 previsti per la prima stagione) sarebbe un po’ pochino.

Alberto Gallo



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