Magazine Cinema
7.0 su 10
su Sky Cinema Passion alle 21,00
104 minuti
di Francesca Archibugi
con Paolo Villaggio, Micaela Ramazzotti, Kim Rossi Stuart, Francesca Inaudi, Chiara Noschese
Francesca Archibugi ritorna. E non lo fa, forse, per esigenze economiche, ma come se afflitta da una “questione di cuore”. E il divenire dell’opera è così pacificato, che il travaglio emotivo deve essere stato sincero. L’ospedale, nel suo bluastro e nel bianco di neon accesi, è una luogo di desolazione, drammatico nella sua essenza. Eppure diventa sinonimo di qualcos’altro, oltre alla sofferenza. Angelo ha l’aria del bravo ragazzo, la si nota negli occhi e nel candore che Kim Rossi Stuart esprime nella sua recitazione, fa il carrozziere e ha in mente progetti lucrosi, Alberto ha gli occhi dolci, parola cinica, sguardo ossessivo ed incupito tipico dell’ Antonio Albanese drammatico, la mente perennemente occupata a creare, accavallare pensieri, immaginare. “Nun ce pensà” echeggia Angelo. I cuori si ingolfano la stessa sera. E c’è un crack che unisce due persone e che lega due vite e due famiglie. Alberto fa lo sceneggiatore, ha i tempi stretti, ma c’è un blocco che gli impedisce di scrivere, un blocco che gli impedisce di fare sesso, a volte anche di comunicare. L’ottica di vita è diversa, lo stile opposto, ma quel crack comune non può che congiungerli, nella gioia di un’amicizia virile e nella tristezza di un addio necessario. Roma è più complessa di altre pellicole, diventa il luogo surreale della scena, tra multietnicità e conservazione del vecchio mondo, del Pigneto, per esempio, privato di sbocchi moderni, assorto nel lavoro tenace di un auto da aggiustare, d’epoca. Le fondamenta dopo l’infarto non si ricostruiscono subito, mettendo la calce a dividere i mattoni, bisogna smussare qualche angolo, disporre una giusta angolatura, limare i detriti e gettarli. La Archibugi si pone in una visione in bilico, che cade nel drammatico o, sottofondo realista sempre presente o almeno identificabile, in dosi grandissime di ottimismo, pillole di felicità. I personaggi mostrano lati diversi. Rossana (Micaela Ramazzati) è una donna “de petto”, schietta, parlantina sciolta, verace, popolana. La Ramazzotti dimostra una complessità di registri che era difficile, alle sue prime esperienze, notare. Merita un forte rispetto cinematografico. Francesca Inaudi è molto adatta ad un ruolo, quello di Carla, più intimista ed intellettuale. Sono rispettivamente, la moglie di Angelo e la compagna di Alberto. Come se fosse un’amica a cui confidare tutto, l’infermiera Loredana (Chiara Noschese) è il tramite tra la sofferenza momentanea dell’ospedale e la vera vita. La si saluta, come fosse una professoressa amata anni addietro. E’ un film sociale e sentimentale, semplice e diretto, ben scritto, con passaggi notevoli e buone interpretazioni. Si converte in poche inquadrature (tavolino del bar, officina, letto a piazze) l’idea di accettazione dell’altro e di vicinanza, ed è proprio quest’ asciuttezza nelle immagini famigliari che rimane in mente, tra gli odori di Roma e i sapori dialettali.
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