BORED TO DEATH
Cosa fare se: a) la tua ragazza ti ha mollato, b) la tua carriera da scrittore, nonostante un promettente inizio, stenta a decollare, c) la tua stessa intera esistenza è di una noia mortale? Semplice: si può mettere un annuncio su craiglist.com spacciandosi per investigatore privato e inventarsi una vita (più o meno) nuova di zecca. Certo, se vivi a Manhattan le cose saranno sicuramente più facili. Se poi i tuoi migliori amici sono un editore milionario e un autore di fumetti che passa il 90 per cento delle sue giornate a fumare erba allora il gioco è fatto. L’annoiato in questione risponde al nome di Jonathan Ames (che guarda caso è anche il nome dell’autore e produttore della serie), trentenne intellettuale, timido, un po’ sfigato e molto ebreo newyorkese. Le cui avventure, tra cocktail in super-attici, “duelli” sul ring, tentativi di riconquistare la bella Suzanne e una serie infinita di fughe precipitose da malavitosi sui generis, sembrano un improbabile miscuglio tra le storie di Raymond Chandler e quelle di Woody Allen.
Prodotto dalla Hbo, Bored to death (due stagioni tra il 2009 e il 2010, per ora) è un delicatissimo, divertentissimo e – per i canoni televisivi – coltissimo pastiche di action all’acqua di rose e sentimentalismo, un serial che fa dell’amore per la letteratura e per certo cinema americano intelligente e leggero i suoi punti di forza. Per non parlare del cast, di livello cinematografico, il cui protagonista Jason Schwartzman (attore feticcio di Wes Anderson, già in Rushmore, Il treno per il Darjeeling e Scott Pilgrim vs. the world), con la sua espressione un po’ triste e la sua eleganza tendente al nerd, sembra nato apposta per interpretare questa parte. Accanto a lui altre facce più o meno note come l’americanissimo mascellone Ted Danson nella parte del vecchio editore bevitore e donnaiolo e Zach Galifianakis, già visto in Una notte da leoni, da qualche anno lo strambo per eccellenza del cinema hollywoodiano. E di tanto in tanto, nei 25 minuti di ogni episodio (che forse stanno un po’ stretti ad avventure che avrebbero bisogno di più respiro), c’è spazio anche per qualche comparsata eccellente, come Jim Jarmusch e… Kevin Bacon.
Troppo ricercato, old fashioned e sotto tono per diventare un grande successo televisivo, Bored to death è un serial unico nel suo genere. Personalmente, nonostante qualche eccesso di fighettume intellettuale radicalchicaltolocato, lo trovo bellissimo, originale e a tratti geniale. Uno di quei rari casi in cui è impossibile non immedesimarsi, almeno un po’ e almeno per chi, come me, ogni tanto si sente piuttosto annoiato e deluso da questo baraccone chiamato società, nelle vicissitudini del protagonista. E certi lampi di umorismo surreale sono davvero da antologia.
Alberto Gallo