Twin Visions (Pt.2)

Creato il 07 novembre 2014 da Theobsidianmirror

Joel-Peter Witkin, Crucified Horse

La prima parte si trova qui.
Si può dire che la carriera di Joel-Peter iniziò in un lontano giorno del 1956, quando aveva 17 anni, in un Freak Show di Coney Island, dove tra l'altro si dice che abbia avuto anche le sue prime esperienze sessuali (ma questa è un'altra storia e a noi, in fondo, poco importa). In quell'occasione fotografò nani, ermafroditi, tronchi umani, eccetera - un campionario di umanità triste e reietta, disperata - per la prima volta, e da allora non smise più. Da quel momento, per i suoi scatti ha sempre prediletto soggetti deformi o con qualche tipo di imperfezione o anomalia fisica o psichica. In un'operazione non dissimile da quella fatta nel cinema da un regista come Tod Browning, mette questi “mostri” proprio al centro della scena; e si spinge oltre, mostrando spavaldamente devianze di ogni tipo, incluse pratiche sadomaso o necrofile, “innestando” nei suoi soggetti protesi o parti meccaniche, o travestendoli da personaggi della mitologia greca o romana in composizioni che reinterpretano, stravolgendone il significato, i capolavori della pittura classica e i miti da cui essi derivano, non esimendosi neppure dal ritrarre cadaveri - il tutto condito da una profusione di nudo. Questa scelta (così ricordò, anni dopo) fu per lui istintiva: sua nonna materna - che lo crebbe insieme a sua madre e che lui amava moltissimo - era storpia e fu lei con la sua stessa presenza ad abituarlo alla diversità. Inoltre, nella sua vita ci fu un momento di svolta, un’esperienza che lo segnò nel profondo da bambino, quando vide la testa decapitata di una bambina rotolare sul marciapiede a pochi passi da sé dopo un incidente d'auto avvenuto di fronte a casa.
Il risultato del suo lavoro è spesso surreale ma quel che più stupisce è che la sua ambivalenza è anche maggiore di ciò che può apparire a prima vista, costringendoci a diverse visioni prima di poterne trarre un senso, e anche allora si rimane con la sensazione che qualcosa sia sfuggito. E questa ostinazione nel guardare può essere un'esperienza disturbante, perfino destabilizzante.

Joel-Peter Witkin, Satiro

Se ci interroghiamo onestamente sul significato del disagio che inevitabilmente ci assale davanti alle fotografie di Joel-Peter, dobbiamo ammettere che le sue radici sono antropologiche, ma anche che vengono amplificate a dismisura dalle regole della società moderna. Oggi che tutti hanno come obiettivo la piacevolezza estetica ad ogni costo, ricercata tramite l’uso e l'abuso di sostanze più o meno invasive, e la medicina lavora ad un allungamento innaturale della vita, nessuno più vuole avere davanti agli occhi scenari possibili diversi dalla bellezza e dalla longevità. Oggi più che mai si ricerca un tipo di normalità patinata, rassicurante, perché il potere si può esercitare solo sul gregge e non sul singolo libero e pensante; ecco perché le masse le si addomestica con sogni di plastica, con concetti di normalità finta e stereotipata, mentre colui che resta fuori dal gregge è ignorato, ridicolizzato, se non addirittura perseguitato e, ove possibile, eliminato.
Di tutto ciò Joel-Peter non si cura affatto. Perché le imperfezioni esistono e sono un rimedio alla monotonia della vita; perché l'arte nasce per portare il Caos. Fedele alla fama di anticonformista che si porta dietro fin dalla giovinezza, non solo eleva proprio la diversità a sua materia preferita, ma sembra voler spingere la soglia del politicamente scorretto sempre un gradino più in là. Bastino, come esempi, “Portrait of a dwarf”, “Gods of Earth and Heaven” o “The graces”.
Gods of Earth and Heaven” è la sua personale rivisitazione del mito della nascita di Venere, ove la dea è interpretata da un ermafrodito. Anche in “The Graces” attinge dalla mitologia per creare una composizione artistica assolutamente rigorosa sul piano formale, ma dissacrante nel significato. In questa foto, com’è sua consuetudine in molti lavori, i soggetti hanno il volto coperto parzialmente o del tutto da delle maschere, il che contribuisce a renderne il significato ancora più criptico, perché non permette di capire come i soggetti si siano posti nei confronti delle foto stesse mentre venivano ritratti: che cosa provavano in quel momento? Erano a proprio agio, erano infastiditi, erano indifferenti? Hanno colto qualcosa durante il processo creativo che noi ne che osserviamo il risultato da fuori, a posteriori, non riusciamo a vedere? Hanno colto o cercato di cogliere l'anima del fotografo come lui cercava di cogliere la loro?
Sembra che il vero scopo di queste rappresentazioni sia mostrare corpi e anime tarati, viziati, in una parola corrotti e corruttibili in senso che richiama la morale religiosa, e non a caso in altre opere si trovano anche parodie di Cristo, santi, martiri e oggetti legati al cristianesimo. Si pensi a “Crucified Horse”, con  la carcassa di un cavallo posta sul crocifisso al posto dell’effigie di Gesù oppure a “Venus preferred to Christ” in cui, parodiando i dipinti religiosi, il crocifisso che sorregge quello che somiglia ad un aborto umano, la caricatura di Cristo, giace dimenticato sullo sfondo mentre in primo piano una donna nuda è oggetto di venerazione. Poi c'è “Satiro”, del 1992, ennesima incursione nella mitologia. Il suo satiro ha le corna, gambe caprine e due corone di spine sulle spalle, là dove dovrebbero spuntare braccia che invece non ci sono: questo tronco umano in chiave bucolica porta la “corona” come il Gesù della tradizione. Anzi, di corone ne ha due. Lì in Messico, Cristo è morto e il dio Pan è risorto. Ecco, sembra dire l'Autore, anche questa è vita.

Joel-Peter Witkin, L to R: Gods of Earth and Heaven, Venus preferred to Christ, The Graces


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