La decisione di Twitter di limitare l’uso delle API a soggetti terzi a partire dalle prossime settimane, imponendo regole molto più restrittive per le società che sviluppano applicazioni connesse con il noto social network, sta scatenando nelle ultime ore un mare di proteste. La versione 1.1 delle API di Twitter, infatti, prevederà degli obblighi ben precisi da parte degli sviluppatori terzi e molti limiti nell’accesso ai dati; in particolare si rende obbligatorio l’ottenimento di autenticazioni nel corso dello sviluppo e dell’accesso ai dati pubblici via API.
Instagram, per esempio, si è visto inibire l’accesso all’ interfaccia di programmazione e alle API. Le restrizioni imposte ultimamente da Twitter sono state giudicate da molti utenti estremamente deleterie per il proprio business; come per esempio il limite per le applicazioni sviluppate a non superare i 100mila utenti.
Il famoso social network ha dichiarato che le restrizioni sono intervenute per creare ordine all’interno del suo sistema di servizi, ma naturalmente il vero problema è quello di individuare un modello di business proprio. Marco Arment, il noto creatore di Instapaper, si è lamentato ancor più duramente riguardo alle nuove regole imposte dalla piattaforma e ha dichiarato che: “Twitter si sta dimostrando instabile e imprevedibile e che qualsiasi garanzia data dal suo staff ha una credibilità pari a zero“.
Il vero problema è che il noto social network fa fatica a trovare un equilibrio e una sua identità di business pur avendo già tentato numerose e diverse strade; ha sperimentato come flusso d’introito i tweet sponsorizzati e gli annunci pubblicitari, ma le entrate, secondo le stime di eMarketer, quest’anno non supereranno i 260 milioni di dollari.
Davvero bruscolini se paragonati agli introiti di Facebook dell’anno scorso, che hanno raggiunto i 3,7 miliardi di dollari; cifra questa, derivata soprattutto dagli accordi raggiunti con soggetti terzi come Zynga e le sue celebri App.