James Lee Burke è uno dei maggiori autori di crime fiction americani. La critica lo ha insignito dell’appellativo di «Faulkner del pulp» per quella sua capacità di affrontare trame davvero cruente con singolare afflato lirico, una caratteristica che, immediatamente, riporta al padre della letteratura southern-american. Ma ciò che ancor di più lega questo autore all’immenso Faulkner è, evidentemente, l’ambientazione dei suoi libri: il sud degli Stati Uniti – più propriamente la Louisiana, che è una sorta di Sud nel Sud, un concentrato inquieto di violenza e meraviglia di cui Burke è integralmente figlio.
In Two for Texas, opera giovanile del nostro, è invece lo Stato del Texas – luogo leggendario per gli amanti del genere – a diventare il teatro di una
spumeggiante storia di pistole e cavalcate (che si guadagnò pure una blanda trasposizione filmica nei Novanta, con Kris Kristofferson nel ruolo di uno dei «two» del titolo), i cui protagonisti sono due evasi che arrivano fuggendo dalla Louisiana proprio sino in Texas. Ma questo viaggio diventa anche un percorso nella Storia degli Stati Uniti, poiché siamo nel 1836 ed è iniziata la guerra tra Texas e il confinante Messico, che segnerà, alla fine, l’ingresso del Texas negli USA. A questa guerra i due evasi finiranno per prendere parte, e in prima fila. Siamo dalle parti di un realismo alla Cormac McCarthy, ammorbidito però da uno stile più scanzonato (forse più assimilabile a quello di Joe R. Lansdale).Anche qui, come in tanta produzione statunitense coeva, la storia dei personaggi si amalgama alla Storia di una nazione fornendo su quest’ultima il punto di vista degli uomini che hanno fatto grande – e maledetta – quella terra concimandola col sangue. Coinvolgente.