Tymoteusz Karpowicz
(nato il 15 dicembre 1921 a Zielona nei pressi di Vilno – morto il 29 giugno a Oak Park nei pressi di Chicago)
6 poesie di Tymoteusz Karpowicz tradotte da Paolo Statuti
Il sasso
Muto e piccolo
un sasso piatto
sta nel fiume
Intimorito
s’aggrappa al fondo
sotto i gorghi
Ma quando l’afa
le acque asciuga
lui levigato
arcua il dorso
l’ultime gocce
con la pietrosa
palma uccide
1957
Lezione di silenzio
Quando la farfalla
con troppo impeto
a volte ha congiunto le ali –
si è gridato: per favore calma!
Appena la piuma
di un uccello spaventato
ha sfiorato un raggio –
si è gridato: per favore silenzio!
Così si è insegnato
a camminare silenziosamente
a un elefante sul tamburo
all’uomo sulla terra
Si alzavano gli alberi
senza rumore nel campo
come si rizzano
i capelli per lo spavento
1957
L’agitatore
Un leone vi ha divorato
alberi nel giardino
il pesciolino d’oro
ti ha inghiottito le mani
Una foglia di geranio
caduta dal balcone
ha schiacciato la strada
piena di gente
Sarebbe tutto
meraviglioso al mondo
se non fosse per l’occhio
di un uccello morto
In esso nudo
senza la membrana della palpebra
giacendo sulla strada
un tratto di cielo è riflesso
Dunque amici
Quando un uccello muore
fate sì che abbia
la pupilla coperta
1958
Sogno
Che ha sognato di orribile il poeta
ch’è balzato dal sonno
quasi cervo da un bosco in fiamme?
Ecco la farfalla della sua metafora
l’ha coperto con la sua ala
e la maniglia descritta
s’è mossa sulla porta
La montagna incantata
Non si ripeteranno:
il cielo iscritto dall’ala d’un uccello
l’albero con la tonda eco nel mezzo
la pazienza del paltò e la rivolta d’una scintilla
il primo viaggio d’un letto in fiamme
il primo fiume con i capelli di Ofelia –
non si ripeteranno nella nostra
vita tascabile
sono costanti nella fugacità
come noi nell’evidenza
Allora baciamo le cose fugaci:
le bianche betulline delle gambe i pipistrelli dei palmi
i portali degli occhi donde si esce
con un campanello nel cuore o un’ascia nel cervello
gli azzurri cavalli che sguazzano nell’acqua
il flusso aereo di tutti gli occhi della terra
Mefistofele non c’indurre all’immortalità
Prendi una foglia nei capelli e una nube in mano –
esse sono caduche esse scompaiono
e questo noi guardiamo da un’alta montagna argentata
da: La musica pietrificata, 1958
Studio del silenzio dell’albero
l’albero inudito con la musica interiore
nella folta eco scava la sua chioma
le incomplete presumibili foglie
saltano di ramo in ramo sempre più su
e sotto la scorza la sordità dell’albero
non sviluppata e di colore incompiuto
all’albero stesso ostile disalberata
il suono deforma sparge scoiattoli
più silenziosi del pensiero di nota
dunque essi e non le verdispuntate
foglie l’albero all’esterno edificano
nell’albero si entra da sotto terra
da un viottolo fibroso stretto plurilato
per questo gli scoiattoli che saltano
piatto ai rami non possono più tornare
sommando in sé vani salti dopo salti
silenziosi a turno saltano in se stessi
amplificati riacquistano il peso
cadono giù come fulve goccioline
e allora l’albero nella doppia nudità
due volte sordo due volte disfogliato
è ormai esattamente impensabile
eppure vive perché ancora visibilmente
accumula sotto di sé la fulva peluria
degli scoiattoli anch’essi due volte assorditi
e inchinandosi sul vuoto ginocchio
di peluria-ruggine colma le orecchie d’albero
da: Segni d’uguaglianza, 1960
(C) by Paolo Statuti