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UCCPI e cicliste; la partita è aperta, ma le carte da giocare non sono molte.

Creato il 10 maggio 2013 da Manuel
Torniamo indietro fino a marzo scorso. A un’anno di distanza le cicliste italiane erano tornate ad incontrare il Presidente dell’FCI Di Rocco per l’annosa – possiamo proprio dirlo visto che per fare un passo avanti ci vogliono 12 mesi! – questione di un minimo di parità dal punto di vista della considerazione riguardante la sempre forte differenza tecnico/assistenziale tra ciclisti e cicliste elite in Italia. Dai primi giorni di marzo Elisa Longo Borghini ha preso il posto di Noemi Candele come portavoce delle atlete sui tavoli Federali. I punti messi sul tavolo delle richieste erano cinque e riguardavano; 1) Visibilità del settore; 2) Sicurezza in corsa; 3) Stipendio minimo; 4) Premi di gara; 5) Più considerazione da parte dell’FCI. UCCPI e cicliste; la partita è aperta, ma le carte da giocare non sono molte.PUNTO 1; le ragazze premono per un’accoppiamento ciclistico tra alcune gare maschili e femminili. Ricordate la considerazione (originaria del 2009) di Tatiana Guderzo, e riportata nel dossier fatto proprio qui un paio d’anni fa sul perché la Varazze-Sanremo fosse stata cancellata? La musica è quella. Le cicliste chiedono d’incentivare gli organizzatori a lavorare in tal senso. Chiedessero però prima il perché questo non succede e poi lavorassero di conseguenza. PUNTO 2; La sicurezza in gara dovrebbe trovare automatico miglioramento proprio in caso di ‘accoppiamento’. Per il resto c’è da lavorare. Soprattutto perché non è sulle corse importanti in cui bisogna sorvegliare, ma su quelle in cui non c’è di mezzo il logo dell’UCI (anche se certe scene dal Giro-Donne sono state da mettersi le mani nei capelli). PUNTO 3, lo stipendio minimo dipende da quanto hai nel portafogli. Da questo lato stiamo freschi, specialmente in questi anni. PUNTO 4; se viene fatta richiesta di “Dare ufficialmente incarico all'Assocorridori della gestione dei premi delle corse femminili, come già accade per i colleghi uomini” fa pensare che in questi anni ci sia stato un bel magna-magna di dirigenti e direttori sportivi sulla testa delle cicliste, e che le stesse si siano bellamente stufate di venir prese per il sedere. Viene in mente la britannica Cooke che per farsi pagare gli stipendi ha dovuto più di una volta far lavorare gli avvocati. Poi uno mi dirà perché una ciclista non dovrebbe pigliare a andare a lavorare, invece che star lì a faticare per poco oppure niente. PUNTO 5; favorire un dialogo con un’incontro annuale tra FCI e cicliste è troppo poco. Questi incontri dovrebbero essere fatti almeno 3 volte l’anno per un paio d’anni. Quando le magagne o parte di esse saranno state risolte, o almeno migliorate, potrebbe bastare una specie di convegno annuale. Andando a concludere – e in questo iniziando dal riferimento sulla tempistica d’inizio articolo – se per avere un incontro con l’FCI tocca star lì fermi un’anno, le ragazze che correranno dal periodo 2020 in poi forse potranno godere di qualche miglioria. Quello che poi servirebbe alle ragazze è una rappresentante a tempo pieno o quasi. E sarebbe certamente meglio una ciclista ‘vecchia’ abbastanza da sapere su come impostare le richieste, e che conosca bene chi le siede davanti.

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