Posted 30 aprile 2013 in Consiglio d'Europa, Ucraina with 0 Comments
di Matteo Zola
La Corte europea dei diritti umani ritiene illegale e arbitraria la decisione delle autorità ucraine di sottoporre Yulia Timoshenko al carcere preventivo. Si sostiene infatti che non vi erano sufficienti motivi per rinchiudere in carcere prima del processo l’ex premier ucraina e leader della Rivoluzione Arancione, condannata a sette anni di reclusione lo scorso agosto. Il processo alla Timoshenko è di fatto un processo politico, benché non manchino i fondamenti per le accuse di corruzione e abuso di potere: negli anni della Rivoluzione, ma soprattutto in quelli precedenti, la Timoshenko è stata protagonista di numerosi torbidi. Ciò non toglie che l’attuale semi-dittatura ucraina, imposta da Victor Yanuchovyc, mal digerisca l’opposizione della “zarina del gas” e stia facendo di tutto per eliminarla.
Il carcere preventivo in una colonia penale nei pressi di Kharkiv ha notevolmente influito sulle condizioni di salute della Timoshenko e oggi la Corte europea dice che quella detenzione era illegale. «La corte ha già sancito che la detenzione di Tymoshenko è servita principalmente per punirla per una mancanza di rispetto per il tribunale e quindi ha concluso che la restrizione della sua libertà non è servita allo scopo di trattenerla di fronte a una autorità competente legalmente per il legittimo sospetto di un suo reato, ma per altre ragioni», si legge nella sentenza.
La figlia della leader dell’opposizione ucraina, Ievghenia, ha definito «una prima vittoria» la decisione della corte di Strasburgo.
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