La cosa che è rimasta fissata nella mente è la responsabilità tout court attribuita ai separatisti filo russi con tanto di “prove” asserite, ma mai presentate. Una cosa talmente insensata da spingere persino l’associazione americana veterani dell’intelligence a scrivere alla Casa Bianca per deplorare il fatto che le prove in questione non venissero rivelate. La lettera è di circa un mese fa, ma non c’è stata risposta se non da parte della vice portavoce del Dipartimento di Stato, Marie Harf, la quale non ha trovato di meglio che accusare l’associazione di mancanza di patriottismo. Il che è ben strano visto che l’aereo era malese, i possibili colpevoli dell’abbattimento gli Ucraini da una parte o dall’altra e che gli Usa ufficialmente sono del tutto estranei al golpe di Kiev: si vorrebbe forse insinuare che Washington ha forti interessi nelle torbide vicende del Paese tanto che la sola richiesta di vederci chiaro è anti patriottico? Probabilmente un anno fa lo sarebbe stato anche esprimere dubbi sul fatto che a usare i gas in Siria fosse stato Assad e non i guerriglieri oggi esecrati, visto che da terroristi amici si sono trasformati in combattenti per uno stato sia pure non riconosciuto.
Ma c’è molto di più che non viene detto. L’indagine di Amsterdam, fatta in accordo con Kiev vista che la maggior parte delle vittime dell’abbattimento erano in grande maggioranza cittadini olandesi, ha preso un’insolita piega: il consiglio di sicurezza dei Paesi Bassi ha dichiarato che non pubblicherà tutti i dati dei registratori di bordo dell’aereo abbattuto, ma solo quelli strettamente attinenti alla caduta. Che cosa si vuole nascondere? Parecchio perché contemporaneamente il governo golpista ucraino ha annunciato che non renderà pubbliche le registrazioni tra il pilota e i controllori di volo, ossia le informazioni essenziali. tutto questo vuol dire una cosa sola: che le “prove” non confermano affatto l’ipotesi Usa dell’abbattimento da parte dei separatisti e che anzi l’indagine potrebbe mettere in grande imbarazzo Kiev dando consistenza e realtà all’ipotesi del caccia ucraino killer. L’unica soluzione a questo punto è mandare per le lunghe l’inchiesta, lasciare che il tempo corroda la memoria fino a quando l’opinione pubblica non si ricorderà più dell’evento che ha fatto da detonatore alle sanzioni e al danno immenso fatto all’export europeo per compiacere Obama.
La Merkel sta tentando di proporsi come mediatrice autonoma, anche per ammorbidire la formidabile opposizione della confindustria tedesca alle sanzioni nei confronti della Russia, ma più si muove, più si trova invischiata nelle bugie proprie e di Washington sulla nascita della “rivoluzione” ucraina, sia nell’orrendo pasticcio dell’aereo abbattuto per il quale è costretta a coprire Kiev. Ma alla fine – c’è da giurarci – qualcuno resterà con il cerino in mano.