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UCRAINA: Ma non si chiamava democrazia?

Creato il 20 gennaio 2014 da Eastjournal @EaSTJournal

Posted 20 gennaio 2014 in Russie, Ucraina with 0 Comments
di Pietro Rizzi

Legge Anti Protesta

La Verkhovna Rada, il Parlamento ucraino, ha approvato il 16 gennaio scorso una serie di provvedimenti che rivedono sensibilmente la legislazione sulle libertà fondamentali care a chiunque abbia a cuore, come EastJournal, la democrazia.

Le opposizioni, che in questi mesi hanno tentato di cavalcare le proteste più che guidarle, hanno cercato di impedire l’adozione di queste norme occupando gli scranni della Presidenza del Parlamento ma ciò non ha impedito al Partito delle Regioni, lo schieramento del Presidente Yanukovich, di far passare il testo con 235 voti favorevoli: nove in più della maggioranza assoluta. Non è stata seguita la prassi consolidata di votazione con il supporto elettronico, ma si è proceduto con la votazione per alzata di mano senza neanche lasciare il tempo del conteggio. A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca e probabilmente la procedura del tutto originale si è resa necessaria per non permettere defezioni nel Partito di maggioranza dove alcuni non erano favorevoli.

Queste 11 leggi approvate sono un miscuglio disomogeneo che mostrano come i loro estensori, Vadym Kolesnychenko e Volodymyr Olynyk, abbiano dovuto fare in fretta nella stesura, senza neanche passare per le Commissioni parlamentari.
Le misure adottate sono una chiara contromisura rispetto alle proteste che negli ultimi due mesi hanno avuto luogo a Kiev e – in misura minore – nelle altre città ucraine. Vengono vietate le installazioni di tende, palchi ed amplificatori in luoghi pubblici prevedendo multe fino a 640$ o 15 giorni di detenzione; multe fino a 1275$ o 10 giorni di galera per coloro i quali forniranno a manifestanti non autorizzati qualsiasi mezzo si rendesse loro utile; divieto di utilizzare maschere durante gli assembramenti; divieto – e siamo al comico – di accostamento di 5 o più auto finalizzate a bloccare strade o spostamenti.

Brutte notizie per i mezzi di informazione ed i media in generale: viene reinserito nel codice penale il reato di diffamazione, abolito nel 2001 durante la Presidenza Kuchma, e diventa obbligatoria per i media online la registrazione. Nel contempo viene bandita, con pene fino a 3 anni di prigione, la ricerca di informazioni su ufficiali di polizia e giudici rendendo impossibile il giornalismo d’inchiesta che si è sviluppato negli ultimi anni e che ha permesso di portare alle cronache numerose inchieste sulla corruzione in tutte le sfere statali (se ne occupava, per esempio, Tetyana Chornovol). In casi non ben specificati sarà possibile da parte del Governo la sospensione dell’accesso ad internet… non si sa come, ma il mezzo lo si troverà.

Memori dell’esempio russo i legislatori ucraini non hanno voluto trascurare le ONG che ricevono soldi da donatori stranieri: dovranno d’ora in poi registrarsi (nella legge vengono definite “agenti stranieri”), e pagare le tasse su queste “rimesse”.

Ultimo, ma altrettanto criticabile, la modifica delle procedure per la rimozione dell’immunità parlamentare. In passato era necessario che una Commissione ad hoc svolgesse un’inchiesta e che votasse prima di passare all’aula la questione. Aggirando l’articolo 80 della Costituzione, l’immunità parlamentare sarà d’ora in poi in mano alla maggioranza parlamentare che con una votazione palese potrà rimuoverla.

Gli Stati Uniti hanno espresso reprimende, confermando la minaccia di bandire tra 10 e 20 personaggi di spicco della compagine governativa. L’OSCE ha condannato l’adozione delle nuove norme. In Unione Europea ognuno va per conto suo: i Paesi baltici e la Polonia gridano allo scandalo e minacciano azioni, il Ministro degli esteri svedese Carl Bildt si dichiara seriamente preoccupato e dice che al prossimo Consiglio Europeo del 20 gennaio l’argomento sarà in agenda; l’Alto Rappresentante per la politica estera europea, Catherine Ashton, si affretta ad emettere un comunicato di biasimo senza parlare di azioni concrete da intraprendere: sa bene di avere poca voce in capitolo; alcune cancellerie sembrano neanche accorgersi di ciò che avviene a Kiev e restano in silenzio. Tanto fumo e poco arrosto, ma si sa che la politica estera europea è ancora competenza degli Stati; possono magari essere tutti d’accordo nel criticare, ma non sanno trovare misure concrete da prendere.

Yanukovich è partito al contrattacco puntando a rimuovere gli oppositori il prima possibile per poi iniziare la sua personale lotta per la rielezione. La Rivoluzione Arancione del 2004 ha eretto alcuni limiti che in questi dieci anni non sono mai stati oltrepassati. Yanukovich, firmando questa legge, è il primo a provarci: sicuro che il popolo ucraino resterà a guardare?

Tags: diffamazione, leggi anti proteste, mass media, ong, Pietro Rizzi, proteste, Tatyana Chornovol, Ucraina, Verkhovna Rada, Yanukovich Categories: Russie, Ucraina


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