Posted 12 giugno 2012 in L'Est nel pallone, Ucraina with 2 Comments
di Damiano Benzoni
Il primo luglio allo stadio Olimpijs’kyj di Kiev andrà in scena la finale dei Campionati Europei di calcio 2012, coospitati da Ucraina e Polonia. Aperto nel 1923, lo stadio fu rinnovato e ampliato nel 1941 e avrebbe dovuto essere inaugurato il 22 giugno 1941 con un incontro della Dinamo Kiev. Quel giorno la Wehrmacht tedesca iniziò l’Operazione Barbarossa contro l’Unione Sovietica occupando l’Ucraina e bombardandone la capitale. Molti giocatori, trattenuti nella capitale dal presidente dell’NKVD Lev Varnavskyj, parteciparono alla resistenza partigiana fino alla caduta della città, il 19 settembre 1941, facendo prigionieri seicentomila ucraini, costretti a firmare una dichiarazione di lealtà al regime nazista per poter tornare a Kiev.
Sullo sfondo della città occupata dai nazisti si staglia una storia talmente iconica da essere divenuta leggenda e distorta in più versioni: dalla propaganda sovietica, da sceneggiatori cinematografici e autori teatrali, dal passaparola e, magari, dagli stessi protagonisti sopravvissuti. La versione più affidabile e meglio documentata è quella di Andy Dougan, autore nel 2001 del libro Dynamo: Defending the Honour of Kiev. I nazisti organizzarono un campionato di calcio cittadino a fini propagandistici per rafforzare il proprio controllo sulla popolazione: Iosif Kordik, un imprenditore che era riuscito a farsi riconoscere lo status privilegiato di Volksdeutsche millantando cittadinanza austriaca, era riuscito ad assumere nella sua fabbrica di pane diversi ex giocatori della Dinamo e del Lokomotiv, creando una vera e propria squadra con le migliori stelle del calcio di Kiev.
Organizzatore e capitano carismatico della squadra era il portiere Mykola Trusevič e nell’FC Start – questo il nome della formazione – figurava anche l’ala Makar Hončarenko, che nel 1992 raccontò a una radio la sua storia, narrando di aver conservato la propria divisa e i propri scarpini all’arrivo dei nazisti: nazismo o comunismo, era sicuro che avrebbe avuto l’occasione per giocare a calcio. La Start partecipò al campionato infilando, grazie al valore dei suoi giocatori e nonostante la forma precaria dovuta alle ristrettezze della guerra, una lista ininterrotta di successi: ben presto diventò un talismano della città, ispirando la resistenza al regime nazista. Il destino del FC Start si scontrò contro il Flakelf, una squadra militare della Wehrmacht mandata a Kiev con lo scopo di piegarsi. Il Flakelf perse 5-1 la partita del 6 agosto 1942 nei giorni in cui Stalin spronava l’Unione Sovietica a non fare nemmeno un passo indietro.
Tre giorni dopo la rivincita, ammantata nella leggenda, fu vinta di nuovo dalla Start per 5-3, nonostante le intimidazioni ricevute dai nazisti e il rifiuto di fare il saluto nazista prima dell’incontro. Il risultato, secondo quanto racconta Duggan, scatenò la repressione: i giocatori vennero arrestati nel giro di pochi giorni con l’accusa di far parte dell’NKVD, da cui effettivamente dipendeva la Dinamo. Mykola Korotkich, a differenza dei suoi compagni, non era un dipendente del ministero dell’Interno sovietico solo nominalmente: riserva della Dinamo negli anni ’30, era anche un ufficiale in servizio dell’NKVD. A lui furono riservate le torture più atroci della Gestapo, venti giorni ai quali non sopravvisse. Gli altri giocatori furono deportati nel campo di concentramento di Syrec. Tre di loro furono fucilati, sempre secondo quanto racconta Duggan, la mattina del 24 febbraio 1943. Tra di loro c’era il portiere Trusevič, morto nella sua divisa da gioco nera e rossa, unico indumento caldo in suo possesso.
Alla storia della Partita della Morte verrà dedicato un nuovo film che già ha attirato tante polemiche da far ritardare la sua uscita a dopo l’Europeo. Come il film, anche il torneo non smette di far discutere proprio per il ruolo dell’Ucraina come paese organizzatore, tra minacce di boicottaggio e proteste da parte di gruppi per il rispetto dei diritti umani, leader politici dei paesi dell’UE, gruppi femministi e animalisti. A sollevare discordia sono più argomenti: dalle accuse di abusi di potere da parte delle forze dell’ordine, allo sterminio dei cani di strada per rendere le città di Euro 2012 più appetibili ai turisti, dalle preoccupazioni sulla sicurezza all’indomani dell’attentato avvenuto il mese scorso a Dnipropetrovs’k fino alla delicata questione sull’incarceramento di Julija Tymošenko e sul rispetto dei diritti umani nel carcere di Charkiv dove l’eroina della Rivoluzione Arancione è detenuta dallo scorso anno. Non mancano nemmeno le contro-polemiche: perché i leader che ora alzano la voce contro il regime del presidente Janukovyč non hanno alzato un dito in occasione dell’Olimpiade in Cina e continuano tranquillamente a fare affari con gli autocrati delle risorse energetiche dell’Asia Centrale e con Vladimir Putin? L’Europeo in Ucraina rischia quindi di essere ricordato per ragioni che esulano dal rettangolo: invece che dell’ultimo palcoscenico internazionale di Andrij Ševčenko e della squadra messa insieme da un nome storico del calcio ucraino come Oleh Blochin, il riflettore potrebbe essere puntato sui diritti umani e sulle lotte di potere della repubblica ex sovietica più di quanto non sia mai avvenuto per nessuna manifestazione sportiva fino ad oggi.
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Tags: Andrij Sevcenko, euro 2012, FC Start, Flakelf, Iosif Kordik, Janukovyč, Julija Tymosenko, Kiev, Makar Honcarenko, Mykola Trusevic, Oleh Blochin, operazione Barbarossa, partita della morte, polemiche, resistenza, Seconda Guerra mondiale, Shevchenko, stadio Olimpico, Ucraina Categories: L'Est nel pallone, Ucraina