U.d.w.f.g. 2

Creato il 02 febbraio 2015 da Theobsidianmirror
A sei mesi di distanza dal precedente articolo, la sigla U.D.W.F.G. ritorna protagonista qui su The Obsidian Mirror con un nuovo entusiasmante capitolo. Ancora una volta il mio amico Michele Nitri, che conobbi tempo fa discorrendo di “Yellow Mythos”, mi ha piacevolmente sorpreso, non solo mandando puntualmente alle stampe il secondo volume della sua creatura, ma anche riuscendo a mantenerne altissimo il livello dal punto di vista della qualità dei contenuti. Innanzitutto sappiate che l’uscita di questo secondo volume risale ormai a diversi mesi fa, ma la mia proverbiale lentezza e pigrizia hanno fatto sì che ci mettessi molto più tempo del dovuto a buttare giù queste righe. A beneficio di chi si fosse perso quel mio vecchio post in cui parlammo della prima uscita di U.D.W.F.G. (che per la cronaca è l’acronimo di Under Dark Weird Fantasy Ground), cercherò di fare qui di seguito una breve sintesi.
Come già detto la volta scorsa, U.D.W.F.G. è un bizzarro contenitore che, come si può facilmente intuire, intende raccogliere e proporre tutto ciò che appartiene al lato underground del Dark, del Weird e del Fantasy. Qualcuno potrebbe considerarlo un fumetto, qualcun altro una graphic novel, qualcun altro ancora potrebbe arrivare ad innalzarlo allo stato di arte. A prescindere da come possa venire catalogato (alla fine, in fondo, tutto quello che diciamo è opinabile), dietro U.D.W.F.G. c’è un progetto vastissimo (e, di questi tempi, coraggiosissimo) la cui materializzazione è un’autoproduzione a tiratura semestrale contenente le opere di cinque nomi di rilievo nell’arte grafica: l’americano Mat Brinkman, già appartenente alla prima guardia del fumetto indipendente americano e cofondatore della scuola/collettivo Fort Thunder; Miguel Angel Martin, spagnolo, pluripremiato fumettista con alle spalle anche alcune esperienze di scrittura per il cinema; il giapponese Tetsunori Tawaraya, musicista e disegnatore, apparso su numerose fanzine in tutti gli angoli del mondo; gli italiani Ratigher, apprezzatissimo autore di Trama (definito uno dei migliori fumetti italiani del 2011) e in odor di Dylan Dog, e Paolo Massagli, autore di O.Z. (sua personalissima versione dell’omonimo racconto di Frank Baum) e disegnatore di Neromantico (graphic novel a tinte horror sull’immortale rapporto tra Eros e Thanatos).

Cretin: keep on creepin' creek (Mat Brinkman)

Il primo volume era uscito la scorsa primavera e l’affrontarlo mi aveva procurato una sorta di sfasamento, diviso com’ero tra la mia parte razionale, che mi imponeva di dare un senso a quello che leggevo (senza peraltro riuscirci in quella primissima fase delle storie, nonostante i piccoli indizi che la mia mente raccoglieva o credeva di raccogliere), e la mia parte irrazionale e… ludica, che invece riusciva a godere delle bellezza delle tavole e dell’apparente nonsense di alcune delle situazioni senza curarsi del senso generale delle opere, e perfino se ve ne fosse uno. Con il secondo volume tra le mani non posso che riconfermare quanto detto la volta scorsa: nuovamente sono caduto preda di una fascinazione che si nutre ancora più di suggestioni che di altro. Ho capito che quelle che credevo intelligenti intuizioni sul prosieguo delle storie sono probabilmente solo un parto della mia mente, ma ho smesso di preoccuparmene. Il che non è necessariamente un male, anzi, perché vuol dire che qualunque piega prendano queste storie di carta di certo saprà sorprendermi.
È nuovamente Mat Brinkman ad aprire il volume con il suo “Cretin: keep on creep’n creek”. Avevamo lasciato il nostro mostruoso braccio senziente, a metà strada tra il butterato e lo squamato, alle prese con una moltitudine di creature altrettanto mostruose. Un buco nero spalancato sull’abisso pareva essere per lui una via di fuga dall’orrore, ma sarà invece la strada per una nuova dimensione dello stesso orrore. Galleggiando sulle putride acque scure di una fognatura, l’incolpevole (?) braccio si ritroverà in balia di nuove creature che lo porteranno suo malgrado a fare la conoscenza di una famiglia alquanto singolare. Un altro minuscolo tassello, ancora una volta quasi totalmente privo di dialoghi, di quella che pare essere una nuova mitologia dalle vaghe reminescenze lovecraftiane.
Torna anche “The Emanation Machine” di Miguel Angel Martin, ancora una volta con un disegno molto più che essenziale e, in questo caso, decisamente più crudo. Se già nel primo episodio avevamo davanti agli occhi immagini sessualmente esplicite (una su tutte un perfetto gloryhole consumato in un bar), anche in questo seguito troviamo, tra le altre cose, pistole che sparano ciò che sembra essere liquido seminale e, forse ancora più disturbanti, orifizi prolassati che depositano uova bitorzolute. La verità sulla misteriosa Emanation Machine è ancora molto lontana dall’essere svelata. Forse la risposta è in quell’edificio altissimo, la cui cima sembra perdersi oltre le nuvole.

Hell (Paolo Massagli)

Tetsunori Tawaraya è ancora al timone di “The High Bridge”, la terza storia inclusa in questa raccolta. Eravamo rimasti nel bel mezzo di una battaglia tra mostri subumani, creature anfibie e strani esseri alati. La morte si era fatta vita e la vita si era fatta cibo per generare nuova vita. Oggi una nuova generazione di mostri alza decisamente l’asticella del gore. Esseri impossibili nella loro deformità, fratture scomposte, volti dalle forme irriconoscibili come irriconoscibili sono le candele di cera una volta consumate. Su tutte la minacciosa presenza di un essere in odor di divinità che si fa chiamare “Mr. Diamond”, un nome apparentemente del tutto estraneo a quel tempo e a quello spazio.
In “Five Mantles” di Ratigher, ritroviamo i nostri personaggi i cui nomi hanno delle vaghe reminiscenze “automobilistiche”: Dunlop, Tyrrell e Lotus. Dopo il primo episodio, nel quale avevamo lasciato Arnoux nella trappola di una stregonesca e deforme creatura, siamo ancora l’affannosa ricerca di una via d’uscita da quello che sembra essere un labirinto impossibile. La ricerca di una via d’uscita, ma anche la ricerca dei tre mantelli ancora mancanti all’appello. Chi è infine lo strano essere con due teste che si propone come guida verso colui che si definisce “il padre”? Una sola cosa è certa: una delle teste dice sempre la verità, l’altra riferisce sempre la menzogna. C’è quindi da fidarsi? C’è modo di capire a quale delle due teste parlanti affidare la propria sorte? La risposta, siamo pronti a scommetterci qualunque cosa, è no in entrambi in casi.
L’ultima storia, “Hell” di Paolo Massagli, si era rivelata già la volta scorsa sbalorditiva dal punto di vista estetico. Come suggerisce il titolo, siamo all’inferno. Un inferno tutto al femminile nel quale vita e morte e rinascita si alternano senza soluzione di continuità. Femminea è l’innocenza, femminea è la malvagità, femminea è la mostruosità. Tutto odora di femmina. Avarizia, accidia, gola, invidia, ira, lussuria e superbia sono la regola, non l’eccezione. E l’amore? Non ve n’è traccia. Qui i cuori vengono fatti a pezzi, smembrati, divorati e serviti come guarnizione di hamburger di una nota catena di ristoranti fast food. Ebbene sì, sono arrivati anche qui. Impensabili, impossibili, inevitabili, inamovibili, indistruttibili. Unici superstiti dell’olocausto nucleare.
Prepare to lose your soul è l’avvertimento che ci giunge dalle pagine di U.D.W.F.G. Un avvertimento che ancora una volta terremo in considerazione per l’arrivo del terzo volume, previsto per la primavera 2015.

LtoR: Five Mantles (Ratigher); The High Bridge (Tetsunori Tawaraya); The Emanation Machine (Miguel Angel Martin)



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