di Mario Marrandino
Nel documento inviato stamani dall’ex preisdente del Lussemburgo dell’Eurogruppo ai parlamentari europei, Juncker afferma anche che gli “attuali negoziati” per l’allargamento della Ue “continueranno”, in particolare per i Balcani occidentali “che hanno bisogno di una prospettiva europea”, “ma non ci sarà alcun ulteriore allargamento nei prossimi cinque anni”.
Quando prende la parola, Juncker si rivolge al Parlamento Ue e al suo presidente, Martin Schulz, chiedendo un “pubblico registro delle lobby” perché gli “europei sappiano chi incontriamo”. Meno ideologismi e più pragmatismo e dibattiti che “non ci allontanino dalle decisioni” che contano per gli europei. “Cerchiamo di rinunciare al nazionalismo e di giocare come squadra, bisogna riabilitare il metodo comunitario. La distanza tra livello europeo e cittadini aumenta, l’Europa ha bisogno di spiegarsi e noi abbiamo l’obbligo di spiegare meglio l’Europa”.
Di seguito alcuni passi del messaggio:
“Abbiamo bisogno di un profondo piano di riforme. La gente ne ha paura, le sente minacciose, ma chi non le vuole affronta rischi più grandi. Abbiamo perso concorrenzialità perché abbiamo segnato il passo. L’Europa va resa un luogo attivo per cittadini e investitori. E l’economia deve servire i cittadini, le regole del mercato interno non devono valere più delle regole sociali, il mercato non deve prevalere. Sono un entusiasta dell’economia sociale di mercato. Benessere per tutti deve essere la nostra massima. Con la crisi non ha fallito l’economia sociale di mercato, ma quelli che hanno fatto politica badando solo ai profitti. Vorrei essere un presidente del dialogo sociale”.
“Serve la crescita, non finanziata da debiti che sono solo un fuoco di paglia. Abbiamo bisogno di investimenti, di un pacchetto di investimenti e un programma con un obiettivo: mettere le persone al centro della società. Al nostro interno sorge un 29mo stato, quello dei senza lavoro. Vorrei che questo diventasse un ‘normale’ Stato membro. Entro il febbraio 2015 vorrei che fosse pronto questo programma. E che nei prossimi 3 anni siano dedicati 300 miliardi di euro per questo programma. Da finanziare con i fondi strutturali a disposizione e misure mirate. Investimenti coordinati nella banda larga, reti energetiche, infrastrutture e trasporti. Investimenti nel settore industriale, ricerca e sviluppo. Ed energie rinnovabili, che sono la premessa per l’Europa del domani, un luogo che sappia svilupparsi in modo sostenibile anche in riferimento agli altri attori globali”.
“Smantellare la burocrazia per le piccole e medie aziende, smantellare gli oneri eccessivi. Di sussidiarietà si parla da Maastricht, ma parliamo tanto e facciamo poco. La Commissione, invece di fermarsi ai dettagli, deve concentrarsi sui problemi più grandi”.
“Tutto questo deve svolgersi in modo conforme al Patto di Stabilità. Non lo modificheremo nei tratti fondamentali, la stabilità è stata promessa con la moneta unica. Io non violerò queste promesse. Ma il Consiglio Ue ha constatato che ci sono margini di flessibilità e vanno usati”.
“Durante la crisi dei debiti abbiamo pilotato un aereo in fiamme. Gli speculatori hanno puntato sul crollo della zona euro, che non è crollata. E come presidente dell’Eurogruppo sono orgoglioso che la Grecia sia ancora un membro della zona euro. Ma riparare un aereo che brucia in volo non è stato facile. In futuro, se ci saranno necessità di adeguamento, si dovrebbe fare uno studio minuzioso sull’impatto sociale di quei programmi. Con un piano B da utilizzare se le previsioni macroeconomiche sono sbagliate. Lo strumento della Trojka va ripensato, perché manca di sostanza democratica. La renderemo più parlamentare”.
“Mercato unico digitale, il roaming nella Ue deve sparire. Abbiamo bisogno di una Unione dell’energia resistente, una politica energetica che messa insieme risorse e strutture, ridurre la dipendenza energetica di molti nostri Stati membri. L’Unione dell’energia diventerà la numero uno nelle rinnovabili. Un obiettivo del 30% di efficienza energetica dell’edilizia entro il 2030 credo sia un obiettivo”.
“La libera circolazione dei lavoratori, io difenderò questo principio, perché è un’opportunità, non una minaccia. Starà agli Stati nazionali lottare contro chi non ha diritto, lottare contro il dumping sociale”. “Sono contro l’evasione fiscale e il riciclaggio del denaro sporco, lotteremo contro questo”.
“Ma la crisi non è finita. Ci sono milioni di disoccupati. Dobbiamo creare una sorta di governance economica e proseguire con le riforme strutturali. E farci rappresentare come moneta unica da una sola voce, una sola autorità nelle istituzioni mondiali”.
“Politica comune in tema di asilo. “Dobbiamo riflettere sull’immigrazione regolare, di cui l’Europa nei prossimi 50 anni avrà bisogno. Proteggiamo le nostre frontiere esterne, lottiamo contro le bande criminali che fanno profitti sulla pelle degli altri. Interveniamo prima che quelle persone prendano le barche. L’immigrazione non è un problema dell’Italia o Malta, ma dell’Europa tutta. Serve una nuova politica Ue per l’immigrazione legale” e “un commissario speciale per l’immigrazione che lavori insieme a tutti gli Stati membri e con i paesi terzi più interessati”.
“Politica estera e difesa, non deve essere in concorrenza con la Nato ma abbiamo bisogno di una collaborazione rafforzata”. Juncker fa riferimento alla necessità di sostenere i servizi pubblici in Europa, di arrivare a un salario minimo garantito in tutti gli Stati membri, raccoglie applausi quando parla dell’Ucraina che si è avvicinata all’Europa, ricorda le responsabilità dell’Europa per un cambiamento in un’Africa “infelice”.
“L’accordo di libero scambio con gli Stati Uniti non sarà concluso a qualsiasi prezzo. Io sono favorevole all’accordo, a che le due più grandi democrazie del pianeta coniughino le loro forze. Ma non possiamo abbandonare i nostri valori, le nostre norme. La protezione dei dati”. “Non vorrei che la protezione dei dati rientrasse tra i temi del negoziato”, spiega Juncker, “ma respingo l’eventualità di giurisdizioni parallele e segrete”, allusione alle procedure arbitrali dei conflitti commerciali, difese dagli Usa e respinte dagli europei. “Noi siamo per l’applicazione del diritto”. “Il negoziato deve essere trasparente, dobbiamo rendere pubblici i documenti, altrimenti daremo all’opinione pubblica l’impressione che si sta nascondendo qualcosa”.
Juncker rievoca gli anni Novanta, la riunificazione dell’Europa centro-orientale e la costruzione dell’euro. “La moneta unica non divide l’Europa ma protegge l’Europa”, affermazione di Juncker accolta da applausi ma anche urla di disapprovazione dai banchi degli euroscettici. “Per vent’anni ho assistito al pericolo del disordine monetario. Se durante la crisi economica e finanziaria non avessimo avuto la moneta unica, saremmo stati in guerra monetaria, tutti contro tutti”.
Poi, con forza e spirito, Junker chiede: “Che ne è del Regno Unito?” rispondendo alle contestazioni “Io difendo l’Europa unita e i suoi cittadini. Se non avessimo varato la moneta unica e il più grande mercato unico del mondo in che situazione ci troveremmo oggi? Saremmo disarmati, indeboliti. Invece, grazie a chi ci ha preceduto (Juncker cita Jacques Delors, Francois Mitterrand ed Helmut Kohl), siamo un continente che fa sì che chi vi abita possa vivere in pace”.
L’assemblea in sessione plenaria è chiamata a votare la fiducia a partire dalle ore 12. Juncker, che deve ottenere la maggioranza assoluta, almeno 376 voti su 751, può contare sul blocco da 480 voti formato dai conservatori del Ppe e dai socialisti, rinforzato da liberali e centristi. L’incognita sono i possibili voti contrari o le astensioni all’interno del blocco stesso: da calcoli ufficiosi, almeno una sessantina.
Sono ancora in corso le trattative tra i governi per cristallizzare mercoledì le candidature alle altre due alte cariche Ue, la presidenza del Consiglio e il responsabile della politica estera. Il gruppo socialista rivendica la prima, attualmente ricoperta dal cristiano-democratico belga Herman Van Rompuy. I socialisti potrebbero allora ripiegare sul capo della diplomazia, con il complemento del portafoglio dell’economia, a cui aspira il francese Pierre Moscovici, con la presidenza del Consiglio che andrebbe al Ppe o ai liberali.
Mercoledì dovrebbe in ogni caso essere ufficializzata la nomination per la successione alla britannica Catherine Ashton come capo della politica estera Ue. Si tratterà ancora di una donna: favorita l’italiana Federica Mogherini, che deve guardarsi dalle ambizioni della bulgara Kristalina Georgieva, vicina al Ppe e attuale commissario per l’azione umanitaria.