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Ue: quote rosa 40% donne in cda

Da Marypinagiuliaalessiafabiana

Le quote rosa sono un “male necessario”, almeno nei contesti  maschilisti dove la presenza femminile nel “tetto di cristallo” è quasi assente. Ha funzionato nei paesi scandinavi, i primi che hanno adottato tale strategia, dominando i primi posti per parità tra uomo e donna. Certo che non è il massimo dover ridurci a fare una legge per avere più donne, ma molti paesi dovrebbero abbandonare il pregiudizio secondo cui le quote rosa  servirebbero a favorire la partecipazione delle donne indipendentemente dalle competenze

Ora la Commissione europea ha deciso di varare una proposta per l’imposizione delle “quote rosa”  nei Consigli di amministrazione (Cda) delle società quotate in BorsaLe imprese quotate da 250 dipendenti in su e con un fatturato globale annuo superiore a 50 milioni di euro, devono avere una quota minima del 40% di donne tra i membri non esecutivi. Le imprese pubbliche o quelle con una significativa partecipazione finanziaria da parte dello Stato dovranno raggiungere l’obiettivo entro il 2018. Le imprese al di sotto dell’obiettivo del 40% dovranno applicare norme su cui scegliere i loro candidati in base alle qualifiche, anche se parità di qualifiche si dovrà dare la preferenza al genere sottorappresentato, dunque quello femminile. Le misure sono scadranno nel 2028, quando il gap di genere (forse) si sarà colmato. 

Secondo la Commissione, nonostante il dibattito pubblico, negli ultimi anni la quota di donne nei Cda è aumentata in media di 0,6 punti percentuali l’anno dal 2003 ad oggi. Questa proposta rappresenta una svolta storica, sopratutto se aggiungiamo che il giorno prima l’Italia aveva approvato la legge a favore della “doppia preferenza di genere” negli enti locali. Viviane Reding, commissaria Ue, ha constatato che attualmente nelle circa 5.000 società quotate europee sono uomini l’85,5% dei componenti non esecutivi ed il 91,1% degli executive. Con la nuove proposta sono previste misure dalle multe o alla dichiarazione di nullità della nomina. Finora i cambiamenti ai vertici sono stati lenti. 

Gli oppositori. Chi si oppone fermamente è la Germania di Angela Merkel, la quale ritiene che la questione delle pari opportunità va risolta a livello delle sovranità nazionali e non decisa a livello di autorità dell’Unione europea. Anche la Gran Bretagna, Olanda, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania e Malta, avevano ufficializzato la loro opposizione, inviando una lettera in cui chiedevano che la Ue si astenesse dall’intervenire in una materia, ritenuta di competenza squisitamente nazionale. 

Francia, Belgio, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Portogallo, Danimarca, Finlandia, Grecia, Austria e Slovenia hanno hanno già introdotto le quote rosa nei consigli di amministrazione. Il “male necessario” che non è poi così male, incoraggerà le donne  a partecipare nel mercato del lavoro, contribuendo ad accrescere il tasso di occupazione femminile. La proposta passerà ora al vaglio dei governi dell’UE e del Parlamento europeo.



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