L’irritazione dell’Europa è presto spiegata. A marzo 2013, il Garante per le Comunicazioni (l’Ag-Com) ha già fatto la sua parte. Ha varato, cioè, il regolamento generale dell’asta rimettendo poi la palla nel campo del ministero dello Sviluppo Economico che deve preparare il bando e il disciplinare. E il ministero si muove, certo, ma con una qualche flemma. Servono 4 mesi perché la bozza del bando e del disciplinare approdino a Bruxelles per il via libera della Commissione Ue.
Il via libera, però, non arriva. Il 20 dicembre, la Commissione scrive al nostro governo per muovere tre obiezioni. La prima riguarda il bando, che Bruxelles giudica non coerente con il regolamento elaborato a marzo dal Garante italiano (l’AgCom). La seconda obiezione investe invece i tempi: l’Europa è stanca di aspettare che l’asta si celebri (come il commissario Ue, Joaquin Almunia, conferma a Repubblica questo primo febbraio).
E poi c’è la questione di Mediaset. Il gruppo Berlusconi, la Rai e Telecom non potranno partecipare a questa asta, visto l’alto numero di ripetitori che già hanno. Il problema, dunque, non riguarda l’asta.
Il fatto è che Mediaset è stata autorizzata a trasformare la tecnica di trasmissione di una delle sue vecchie reti di antenne. Dunque ha abbandonato la televisione per i telefonini (che non ha attecchito in Italia) ed ora può usare quei ripetitori per inviare programmi classici in digitale terrestre. Questa trasformazione — in sé legittima — imponeva però al ministero di fissare un paletto a garanzia della concorrenza. In sostanza, il gruppo Mediaset doveva essere obbligato a cedere (ad altri editori) il 40% della sua capacità di trasmissione su questa rete. Il fitto di questa capacità di trasmissione deve avvenire — dice la legge —sulla base di un “listino” di prezzi che non discrimini gli editori interessati a lanciare nuove trasmissioni. Ora l’Europa contesta al ministero di non aver piantato questo paletto con sufficiente chiarezza.
Antonio Catricalà, vice ministro per lo Sviluppo Economico, al telefono sdrammatizza il caso: «I nostri uffici hanno parlato con gli uomini del commissario Almunia, del commissario Kroes e del Servizio Giuridico dell’Ue. Abbiamo spiegato le nostre ragioni e compreso le loro. Gli appunti che fanno al nostro bando sono ormai recepiti e il cielo è sgombro di nuvole. Oggi lo confermerò ai senatori della Commissione Comunicazioni, che mi chiamano in audizione. Se non ci saranno imprevisti, confido di mandare in Gazzetta Ufficiale sia il bando corretto sia il disciplinare già la prossima settimana, avviando di fatto le procedure d’asta ».
«Sui tempi del dossier, provo anche io un qualche imbarazzo. Questa asta non viene fatta per un capriccio. È lo strumento che ci permetterà di uscire dalla procedura d’infrazione che l’Europa avvia nel lontano 2006 contestando alcuni punti della legge Gasparri sulla televisione. Già nel 2009, con una legge, l’Italia si impegna a risolvere il caso attraverso un’asta di frequenze riservata a nuovi editori. Rispondere nel 2014 a contestazioni che datano 2006 non è bello. Ma siamo felici, noi del governo Letta, di aver ricevuto un’eredità dura e di aver impresso una svolta definitiva». Su Mediaset, però, il ministero tiene il punto con l’Europa sostenendo che il cambio della tecnica di trasmissione è stato autorizzato come legge imponeva.