Le giornate di Ugo sono abitate da quegli studenti che hanno la mania per i tappi e per le lavatrici, da altri che vanno in panico se non hanno preso gli psicofarmaci, salvo poi passeggiare sui tetti, dai colleghi che si recano fuori con ogni tempo a fumare e dalle colleghe bone, dalle improbabili convocazioni in giro per la provincia e dalle classi che lasciano giornali porno sulla cattedra alla nuova prof di inglese. Ognuno di loro è presentato come se si affacciasse alla finestra della sua vita per un attimo, ogni pagina è un'avventura che può richiamare o meno qualche comparsa dei capitoli che precedono o che seguono.
La forza e la caratteristica di questo breve romanzo di Ugo Cornia stanno in un linguaggio incandescente, incapace di trovare requie sintattica, in un discorso indiretto libero che ti trascina dritto fino alla fine, anche se un po' bolso. L'autore gioca a spostare nel tempo e nello spazio episodi e momenti notevoli di queste sue Avventure scolastiche, sì da dare - della sua precarietà - l'immagine di un perpetuo movimento. Nello stesso tempo, però, Cornia indugia in dialoghi più o meno immaginari anche impegnativi nell'equilibrio complessivo del romanzo, con un montaggio che riproduce bene le dinamiche di tante serie tv di successo e lascia trapelare stati d'animo, quando non sentimenti, tutt'altro che effimeri. Ma l'impressione conclusiva è quella di una fragilità reale e un po' sconfortante, che rifiuta lo sviluppo lineare e, in definitiva, un qualche esito.