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Uliano Lucas: “La foto come memoria del nostro vivere”

Da Cultura Salentina

Uliano Lucas: “La foto come memoria del nostro vivere”

4 gennaio 2013 di Redazione

di Roberto Pagliara

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Uliano Lucas

Quante vite ha vissuto Uliano Lucas?

Questa è la frase introduttiva della presentazione di Stefano Cristante (Docente di Scienze della Comunicazione – Università del Salento) tenutasi presso i Cantieri Teatrali Koreja a Lecce lo scorso giovedì 6 dicembre. La presentazione era di un libro biografico scritto da Lucia Miodini ed edito da Bruno Mondadori, parla appunto di quarant’anni di storia che Uliano Lucas ha documentato per immagini, spaziando in lungo e in largo sul pianeta, fotografando gli avvenimenti più significativi che hanno caratterizzato la storia del nostro Paese ma anche spingendosi oltre Europa sino alle guerre di liberazione e la decolonizzazione di molte regioni dell’Africa.

Uliano Lucas è un fotografo freelance cioè indipendente innanzitutto, non ha mai accettato legami stabili con testate giornalistiche o agenzie fotografiche, la sua esperienza è indotta dagli eventi che lo hanno spinto a conoscere i fatti, essere presente in situazioni e momenti che rappresentavano per lui il momento emozionale da vivere e quindi fotografare. Le sue foto riportano immagini di eventi in cui egli stesso ne era partecipe, quindi non il solo osservatore esterno che riportava e documentava storie, egli ha fatto parte di quelle storie.

Uliano Lucas nasce a Milano nel 1942, la sua prima attenzione fu rivolta al Cinema perché all’inizio pensò che il linguaggio comunicativo del film fosse quello che meglio soddisfaceva il suo desiderio di veicolare l’informazione ma, poi in breve tempo, date le sue peculiarità di “solitario irrequieto”, capì che il meccanismo del Cinema implicava tempi troppo lunghi e lavoro di gruppo che non rispondevano proprio a quanto lui desiderava. La scelta quindi si diresse ad un altro mestiere che era quello del fotografo, ciò gli consentiva di trovare quel senso di indipendenza e di libertà che rappresentavano delle necessità fondamentali per il suo modo di essere, sebbene ciò avrebbe comportato maggiori sacrifici, tipici di chi lavora al di fuori delle grandi produzioni per dedicarsi, come lui, al reportage di inchiesta.

La fotografia di Lucas è una fotografia colta ma se pensiamo al periodo della sua formazione ci risulta incomprensibile come sia stato possibile questo, non esistevano al tempo i corsi di fotografia tantomeno esistevano scuole o università che contemplassero questa disciplina, pertanto le uniche possibilità erano rappresentate dall’apprendimento del mestiere in bottega. Quindi a tale preparazione tecnica, che lo rende un autodidatta, Lucas capisce di dover affiancare la sua preparazione culturale arricchendola di storia della fotografia da un lato e d’altro canto studiare gli eventi socioculturali dei quali si sarebbe interessato per le proprie immagini. Questo mix di strumenti, oltre alla Rolleiflex prestata, non tarda a dare i suoi frutti, infatti le sue prime pubblicazioni sono (1959) gli immigrati meridionali a Milano e le condizioni di vita, poi le Casermette di Borgo San Paolo a Torino.

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Uliano Lucas, Immigrato sardo davanti al grattacielo Pirelli, Milano, 1968

Intanto si formava anche una visione internazionale dei problemi sociali guardando alla crisi del colonialismo con il conseguente processo di liberazione dei Paesi del Terzo Mondo, la guerra del Vietnam, dell’Algeria, del Congo. Su ogni tema di fotoreportage che Lucas affronta vi è la chiara percezione dello studio delle cause, dei fatti, vi è quasi un’indagine sociologica che si conclude con le immagini che raccontano la storia trattata ma, spesso ciò non rappresenta la conclusione della storia stessa perché Lucas a distanza di tempo è tornato ad indagare su problemi già trattati per constatare quale sia lo stato delle cose al momento attuale.

Molti lettori si chiederanno il perché di questa recensione su un grande della fotografia italiana, tra i maggiori fotogiornalisti italiani che oltre ad un imponente archivio fotografico, conta una bibliografia di almeno 16 libri come autore; basterebbe questo a giustificare lo spazio a lui dedicato, ma il vero motivo è quello dovuto al fatto che si registra sempre con maggiore frequenza la sua presenza nel Salento, non ultima la presentazione della sua biografia avvenuta presso i Cantieri Teatrali Koreja di Lecce, ma ricordiamo anche la sua mostra fotografica sui riti del Salento dedicata alla Fòcara di Novoli, in cui descrive con 25 scatti un punto di vista non convenzionale dell’evento pieno di intrecci tra passato e presente. Noi crediamo che egli possa aver trovato, qui nel Salento, qualcosa in particolare che lo incuriosisce, che lo porta ad usare sempre di più la sua Leica per documentare immagini della nostra terra e della nostra storia. E noi per questo, saremmo lieti di ospitare anche a Maglie un suo punto di vista per immagini.


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