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Ulisse di James Joyce, lettura

Creato il 02 luglio 2010 da Viadellebelledonne

Ulisse di James Joyce, lettura

Questo qui parte alla ricerca di un padre, a suo tempo si faceva vendere una nave ma oggi è nella stanza degli uomini e discorre con loro prima di partire.

Non compra niente ma procederà per mare diverso fino al garbuglio dell’incontro. Saranno 24 ore secche, n’importa, lui ama discutere, è uomo di mondo, sa comportarsi e conosce le leggi dell’ospitalità. Del padre sapremo strada facendo, uno che prova a piazzare un articoletto sul giornale, uno buffo, ebreo, per ogni osteria frequentata ce lo ripeterà che è ebreo, di razza eletto, perseguitato.

Ma del tempo, sul tempo, dovremmo parlare di più e meglio. Quanto ci si mette a pensare un pensiero? E molti, intersecati tra loro come sempre sono? No perché questo è il punto: la velocità del pensiero non ha paragoni motori, è certo più veloce del famoso falco in picchiata, forse addirittura raggiunge il suono, certo che lo raggiunge, e raggiunge la luce, per me la supera. Se le intersecazioni possibili fra neuroni raggiungono cifre immani e riescono a produrre una cosa immanente, qui, ora, alla faccia del calcolo combinatorio e delle costanti fisiche, sai un flusso di pensiero a che velocità viaggia e quanto spazio svolge. Uno spazio inventato, sembrerebbe. In quanti posti è stato, questo finto cosa, che ti ho guardata a lungo nel parco con il bimbo da tenere, signorina, e sono passato in cento case prima di ricordarmi che. Sei bella e completa. Sei giovane e casta. Non conosci gli uomini. Il tuo corpo è investito di narcisismo secondario. Ti muovi come nelle favole e farai un calendario. Ti vede già, lui, ballare in due pezzi al provino-cosina e muovere le anche e il culo, le spalle e il seno, scendere e salire come un cobra che ipnotizzi, tu che ti mostri pienamente conscia del desiderio che scateni, sai già tutto o quasi bellissimo oggetto amore che sei. Lui viene nei calzoni. E tu zoppichi via.

Ma questa è comunque una storia di donne. Leopold e Stephen se ne vanno cercandole nei posti bui. La forza del loro commercio è arcaica e impavida, le dee le puniscono ma ritornano in piedi o sedute cialtrone sui sofà delle bettole, dei casini loro sono lì, e ti raccontano mondi e città capovolte stranite malevole, attaccate alle sigarette via bocchino le donne di questa storia provano a parlare.

Non che dicano molto perché è il Bloom che le travisa. E di lui non possiamo dire bene, è immorale e comico, non riesce a trovare le parole giuste per accostarsi al figlio, se lo immagina re di un posto che non abbia davanti il mare, dove si possa coltivare la terra, così gli hanno detto gli oracoli, e il sogno che ha per lui diventa lui e poi lui e poi lui e. Quell’ingegno italico e greco ed irlandese per cui tutte le divinità maggiori hanno penato, che gli ha rubato il fuoco e sono dovute intervenire ed ha ucciso sua madre e gli hanno dato il voto che mancava per farlo vivere ancora, sempre sull’orlo del baratro, mai libero, mai, quest’uomo diviso, imperfetto, figlio di ladri e odiato.

Ma non faremo finire così questa recensione. A casa qualcuno sdraiato pacioso e che non se ne andrà. Una sicurezza autentica, il letto occupato dalla parte giusta. Parti alle quattro da Bologna e piove e sai tutto di Pasquale della sala di attesa di seconda, scappato dalla Campania perché non sono suoi i figli, sono di un altro dice, e la famiglia lo vuole lontano finché non si regolano le cose, ma a marzo l’avvocato risolve, risolve e il treno è un delirio lento un addio tutto occupato dalla destinazione Bolzano e dondola saggitale per chi è seduto in corridoio due poesie tre che non sembrano niente nella luce smorzata marrone e l’Ulisse di turno a Portanuova, Verona.



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