di Ivana Vaccaroni. Numerosi sono stati gli scrittori che, sulla scia di Omero, hanno raccontato l’eroe nei modi più diversi. James Joyce (1882-1941), scrittore irlandese di lingua inglese, fa esplorare la città di Dublino ai personaggi del suo romanzo.
Il protagonista, Leopold Bloom, va identificato con Ulisse per la sua capacità di esplorare, la sua voglia di curiosare qui e là.
Stefan Dedal, figura di intellettuale, si può accostare invece a Telemaco.
Le avventure dei due vengono raccontate in ventiquattro episodi, tanti quanti sono i canti dell’Odissea ed esaminano le differenti sensazioni delle varie parti del corpo: cervello, orecchi, stomaco, etc…
Il legame è costituito proprio dal mito omerico: il racconto, infatti, ripercorrendone le tappe può essere paragonato al peregrinare dei protagonisti di Joyce e alla loro esplorazione della città e dei suoi aspetti sociali nella società del Novecento.
Opera complessa, dunque, che esprime più stili, passando da quello poetico al filosofico per esprimersi infine anche nel grottesco.
In particolare si ricordano i monologhi o «flussi di coscienza», mentre il lessico è decisamente nuovo come nuova è la struttura sintattica, priva di punteggiatura e originale il linguaggio.
Anche Pascoli si è cimentato con la figura dell’eroe omerico, riprendendo però anche l’immagine fatta da Dante: il suo eroe è molto diverso dai precedenti. Egli infatti fa cadere il mito nel nulla e lo identifica con l’illusorietà della vita passata. Tutto ciò avviene attraverso concetti fondamentali quali l’amore, la gloria, il vero e la morte, concetti che rappresentano le varie tappe del viaggio omerico. Quando Ulisse vede cadere definitivamente le sue speranze non gli rimane che la morte che è, poi, anche la morte del mito stesso.
Non poteva mancare D’Annunzio in questa analisi comparativa.
Il poeta pescarese racconta di un suo viaggio fantastico con Ulisse, l’eroe omerico, che non identifica con quello dantesco, nel Mar Egeo.
Tale esperienza è del tutto particolare, in quanto priva di azione e di dialogo.
Le fasi del racconto possono essere raggruppate in quattro momenti: il primo è quello che propone l’eroe solo mentre guida la sua nave, il secondo rappresenta il destino, quello attraverso cui egli sfida l’implacabile Mare e Nettuno in persona. Nel terzo si delinea l’aperto confronto tra il superuomo omerico e D’Annunzio stesso, dal momento che il poeta aspira proprio a questo ruolo. Il duello vedrà i due di fronte nella prova dell’arco: se Ulisse riuscirà a tenderlo sarà pari a lui nella gloria, altrimenti perirà.
Il finale rispecchia la visione della vita del poeta decadente, ma soprattutto il suo stile poetico: l’eroe fissa i suoi occhi in quelli del poeta con la sua «folgore»: questa immagine è la consacrazione del poeta al ruolo di eroe.
di Ivana Vaccaroni. Numerosi sono stati gli scrittori che, sulla scia di Omero, hanno raccontato l’eroe nei modi più diversi.
James Joyce (1882-1941), scrittore irlandese di lingua inglese, fa esplorare la città di Dublino ai personaggi del suo romanzo.
