Sabato è finita la mia (relativamente) breve supplenza al liceo. Ultima campanella alle 8 di mattina, ultima lezione di letteratura, ultima lezione di lingua inglese, ultima ora.
Lo ammetto, ho visto troppe volte "L'attimo fuggente" (sì, l'ho visto anche in inglese: "Dead Poets Society"), e in fondo al mio cuoricino ho pensato che ci fosse un unico modo per essere salutata dai miei alunni.
In un mese e mezzo circa non si può però pretendere di ottenere questi sguardi e queste lacrime, quindi ero anche preparata alla delusione.
Ogni insegnante, io credo, vorrebbe lasciare un segno indelebile per i ragazzi, vorrebbe essere guardato con rispetto ed ammirazione e far breccia istantaneamente nei loro cuori. Entrando in quelle classi più volte mi sono fatta la stessa domanda che Mandela fa a Peenar nel suo salotto nella celebre scena di Invictus: "Come renderli migliori di quanto loro non credano di essere?"
Sono un po' sensazionalista, lo ammetto, e mi piace far loro domande la cui risposta non si trova nei libri, mi piace dir loro cose che gli facciano storcere il naso e alle volte li facciano anche dissentire dalla mia opinione. Però non lo faccio solo per il gusto dello spettacolo, il vero spettacolo è iniziare a vedere le rotelline muoversi nei loro cervelli, vederli alzare il naso dal libro per cercare la rispostai in qualche angolo della loro mente (fisicamente poi sembrano cercarla in qualche angolo della stanza). Non tutti ci stanno, e non tutti mi guardano interessati, qualcuno continua immancabilmente a farsi i fatti suoi in ultima fila (ma pure in prima), ma un paio di occhi che annuiscono alle mie parole bastano a farmi contenta.
Quella è una delle soddisfazioni più grandi, quegli occhi che chiedono ancora qualcosa da te.Ti fanno sentire responsabile della tua preparazione, e ti fanno venir voglia prima di tutto di essere un'insegnante migliore per poterli portare sempre più avanti. Se poi hai un'intera classe che ti guarda così, devi anche superare quel minimo senso di soggezione e ricordarti che sì, sei preparata a sufficienza per loro.
E così è arrivata quell'ultima ora, la supplente se ne va, l'insegnante rientra e il senso di sollievo da un lato è forte, perchè basta sveglia presto, e basta 24 ore settimanali di insegnamento. Ma c'è anche forte un senso di nostalgia, perchè l'idea di essere un pezzetto nell'ingranaggio della crescita di questi giovani uomini e donne nobilita parecchio.
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