Cari lettori
vi segnalo l'uscita di un nuovo romanzo targato Jo March, la casa editrice che pubblica i libri della letteratura mondiale mai tradotti in lingua italiana.
Gli innamorati di Sylvia di Elizabeth Gaskell
l'autrice del celebre romanzo Nord e Sud (1855).
"Nel novembre del 1859, senza rivelarne le ragioni, Elizabeth Gaskell trascorse una vacanza di quindici giorni nella nebbiosa Whitby, una cittadina sulle coste dello Yorkshire. Qui fece lunghe ricerche sulla caccia alla balene, sull'arruolamento forzoso dei marinai nelle flotte britanniche durante le guerre contro la Francia e sulle ribellioni popolari che si opposero alla coscrizione. Al suo ritorno a casa iniziò a scrivere un nuovo romanzo. Così Whitby diventò Monkshaven, conservandone tutto: l'abbazia, il porto, le fattorie, il respiro del mare e l'abbraccio delle brughiere. La sua penna si mise ancora una volta a narrare appassionatamente la storia degli umili; la storia più triste che avesse mai scritto, come la stessa Autrice definì il racconto di Sylvia Robson e dei suoi due innamorati, Charley Kinraid, l'impavido e virile ramponiere, e Philip Hepburn, il commesso che vive dietro il bancone di una bottega e passa le ore a misurare stoffe e a calcolarne il costo. Ma la realtà non è mai interpretabile in modo univoco, gli eventi si susseguono imprevedibili e mutano le persone. Solo il mare, che Sylvia contempla immobile sulla spiaggia, rimane sempre identico a se stesso, con il fragore dei suoi flutti impetuosi, con il suo linguaggio che parla di eternità."
Dall'Introduzione di Francesco Marroni: "Sylvia's Lovers mostra, in ultima analisi, che non esistono mai facili formule che consentano di interpretare in modo univoco la realtà. Gli eventi mutano e mutano anche le persone - chi è vigliacco può divenire coraggioso, chi è timorato di Dio può divenire ribelle e trasgressivo. Ma, a parte questa lezione, peraltro anche abbastanza ovvia, l'opera gaskelliana fa di Sylvia Robson, alla fine della narrazione, un'eroina della liminarità. La sua presenza sulla spiaggia di Monkshaven, su quella sottile linea in cui il mare e la terra s'incontrano, rivela come il personaggio sia una figura della complessità, costruita per vivere nel punto di frizione tra due mondi e, per tale ragione, condannata a esperire la crisi di un cambiamento che, in questo caso, significa solamente dolore, negazione di sé e sacrificio. [...] Al lettore rimane nitida l'immagine di una donna in silenzio che, dopo aver perdonato il marito, tende l'orecchio al rumore delle onde che senza fermarsi mai continuano la loro corsa verso quella sponda: "And in the stillness she heard the ceaseless waves lapping against the shelving shore". Ed è su questo improvviso rivelarsi della presenza del mare, che l'eroina, infine, innesta la sua consapevole riflessione sull'umana finitudine e sulla vanità di tutte le cose."