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Ora io non so se questo Singularidades de uma Rapariga Loira - Singolarità di una Ragazza Bionda, sia un capolavoro. Non l'ho apprezzato moltissimo, devo dire, ma non essendo io notoria per avere uno spirito critico particolare nei confronti dei film non significa molto. Il fatto però che i 64 minuti di proiezione mi abbiano lasciato con una serie di perplessità e domande senza risposta vuol dire che non si tratta di un film risolutivo. Il riassunto in sé è semplice, anche se rischia di ridurre la storia a un piccolo feuilleton: lui che si innamora di lei vedendola alla finestra, lo zio cattivo che si oppone al matrimonio, lui che va a Capo Verde per guadagnarsi da vivere quel che basta per sposarla, la truffa dell'amico, lo zio che diventa buono e il colpo di scena finale. Eh. Sembra facile. Ma come la mettiamo con la recitazione così fuori riga, con i personaggi così fuori dal tempo, in un tempo che però diventa presente? Come la mettiamo con i sentimenti e i pensieri ottocenteschi che raccontano una passione che sullo schermo si congela nelle espressioni e nei toni di voce?
Ci deve per forza essere qualcosa di più. E quel qualcosa, credo, sta tutto nella fotografia e nelle inquadrature. In quel voler vedere tutto sempre dentro una cornice: di una porta, di una finestra, di un quadro. Tutto si svolge mediato da una cornice che rende lo spettatore ancor più spettatore di qualcosa che viene raccontato e proprio per questo motivo sembra diventare irreale.
Bella l'immobile Lisbona, che vive solo attraverso il rumore di strada. Belle le livide stanze, dentro le quali si muovono i personaggi.
Basta così.Per il resto non lo rivedrei.
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