Magazine Diario personale

un addio al ranuncolo

Da Patalice
un addio al ranuncoloErano 3 giorni che rimaneva vigile al suo capezzale, e c'era più caffè che sangue dentro le sue viscere.
Non aveva mangiato altro che toast; quadratini di pane molle e cianotico, con fette troppo spesse e grasse di prosciutto di infimo livello, ed un formaggino rammollito senza alcuna qualità se non quella di lasciare una patina spessa sui denti...
La quarta mattinata si apri con un rantolio sinistro e mai sentito prima, girò la testa in direzione della madre e sentì che faticava a respirare. Il dottore la vide come una normale complicanza e le diede degli steroidi per dilatare il flusso respiratorio. Il rantolio si affievolì fino a sembrare un lamento prima ed un mugolio appena accennato poi. Arrivarono Pietro e Roberta, suo marito e sua figlia, e le portarono un cambio d'abiti. Indossò una maglia dal filato sottile sotto il maglione a trecce che le pizzicava la pelle, e si sentì a posto. Roberta lamentava silenziosa l'assenza materna; le si poteva leggere nello sguardo crucciato l'egoista senso di abbandono e di ingiustizia, al quale l'aveva condannata la malattia della nonna, tuttavia a parole andava tutto bene, e si faceva i compiti, e no non aveva fatto tardi. Pietro era, al contrario, solidale e disponibile, attento e costruttivo, commosso e silenzioso.Lo detestava.Avrebbe voluto un uomo assente, qualcuno da incolpare per il dolore che la dilaniava, un capro espiatorio che l'annientasse per qualcosa di più futile e spiegabile: ingiustizia al posto della morte.
...ma Pietro non poteva assecondare, e far emergere il lato distruttivo che ogni donna malcela. La madre le si riaddormentò davanti agli occhi, un istante dopo aver visto la nipote, giusto il tempo per contestare il suo essere un genitore troppo permissivo, ne era certa. Il quinto giorno il toast le diede il voltastomaco e prese un tramezzino al tonno. Lo vomito tutto un paio d'ore dopo, quando le dissero che la situazione stava velocemente degenerando, e che la macchina che pompava sangue al cuore, al posto delle stanche coronarie occluse della madre, dava segni di totale autonomia, ergo il corpo di mamma non stava battendosi contro l'inevitabile. Si chiese cosa potesse dire o fare. Pensò all'ultimo compleanno materno, alla rincorsa dal fiorista per sopperire alla dimenticanza, e allo sguardo truce della genitrice innanzi ad un bellissimo mazzo di ranuncoli, identico a quello di chiunque altro. Le venne da ridere al cinismo isterico che aveva patito tutta la vita pur di tenere in vita il personaggio della matrigna cattiva, e alle conseguenze catastrofiche che aveva avuto questo suo atteggiarsi, allontanando i suoi figli prima e i suoi nipoti poi. Rifece il numero di Carlo e Camilla, i gemelli di suo fratello Gian, almeno loro forse...Ma non risposero.Ed avevano ragione. Lo sapeva lei, e anche la madre, che non chiedeva mai ne del primogenito ne dei suoi ragazzi. un addio al ranuncoloChiamò a scuola per parlare col preside e chiedergli di allungare la sua assenza per una settimana ancora. Non potevano non accordarglielo, insegnava da trent'anni ed aveva accumulato forse 5 giorni di assenza. Il sesto giorno il dottore le consigliò di far arrivare quanto più amore nella stanza della madre, perché sarebbe stato l'ultimo ricordo che avrebbe retto. Temeva il momento non tanto per la perdita della madre, ma perché non aveva nessuno che rispondesse, quando avrebbe chiamato.... Chiese a Pietro di raggiungerla con Roberta, pregò la segreteria telefonica del fratello di mettersi una mano sul cuore, contattò la zia Fiorella sorella della mamma che stava fuori ma promise di arrivare, supplicò l'ex cognata di portare i ragazzi dalla nonna per puro spirito cristiano, ed abbassò lo smartphone sul tavolino.
Non c'era nessun altro da contattare.E si vergognò per lei. Prese la borsa della madre, mentre lei respirava con la pelle tirata ed i nervi visibili dentro una maschera larga il doppio delle sue guance, e ci ficcò il naso in cerca di un qualdirsivoglia cenno positivo di umanità... Un contatto telefonico.La cartolina di un'amica.L'indirizzo di una associazione benefica.Qualsiasi testimonianza che rinnegasse freddezza e solitudine.Fazzoletti di carta resistenti e profumati, una trousse con uno scampolo di rossetto e della cipria dannatamente costosa, un paio di collant di seta color crema, un pacchetto di terribili caramelle al rabarbaro, il portafogli ordinato e senza orpelli, ed un bloc notes stonato. Prese in mano quest'ultimo e lo guardo con sospetto crescente. Foglie in copertina e pagine azzurro carta da zucchero. Fuoriluogo e stonato.un addio al ranuncoloLo aprì cautamente, in un turbinio di perplessità per la scoperta fatta, paura di scoprirci dentro chissà cosa, e terrore di essere colta nel fragrante di un'azione che la madre non le avrebbe mai perdonato. Sfogliò con titubanza il cimelio mentre il ticchettio della flebo risuonava funereo. C'era una vecchia foto di loro 4 in un autogrill, ricordo di una vacanza in Val di Fassa, 16/17 anni suo fratello, un paio di meno lei. Imbronciati e bellissimi, i ragazzi della foto la guardavano con occhi disattenti, mentre il padre fumava una malboro e la madre si sistemava la giacca vento... 
Era il perfetto riassunto del loro lessico famigliare: due figli discordanti ed annoiati, da un padre perennemente preda della sua nevrastenia, e da una madre più attenta all'apparenza che all'emotività.
Poco amore esibito.
I ragazzi avevano ereditato la necessità di essere rincorsi, e la volontà di scappare da tutto e tutti.
Era stata quest'onta, che aveva reso i loro legami precari, mal concepiti, poco solidi, perennemente borderline... 
In quella foto non c'era finzione, ma era triste rivederla...
L'essenza di sua madre, prepotente e senza filtro, la faceva da padrona, e le si accumulò peso addosso, mentre rimetteva a posto quel ricordo disagevole.
Però accadde un fiore secco.
Cadde dal blocchetto, un ranuncolo quasi certamente, forse di quello stesso bouquet disprezzato anni pirma, che fragile come un sogno si era seccato tra la polvere ed il tempo.Si rimise a sfogliare, con più attenzione, con una  cautela affettata, fin quando, in un'altra pagina, apparese il ritaglio di un articolo di giornale, che ringraziava un anonimo donatore di coperte di pile per il canile della zona; e le venne in mente che era lo stesso canile dove aveva adottata quella stupida orribile bastardina, che le aveva fatto compagnia qualche anno, quando lei si era trasferita prima di sposarsi.
E ancora, trovò frasi scopiazzate dai suoi post sul blog, e annotazioni per i dolci agrumati preferiti da suo fratello Gian, ed ancora appuntisugli orari di uscita da scuola di Roberta, Carlo e Camilla. Non andò oltre, sentendo le lacrime affollarle confuse gli occhi. Poso la mano su quella della madre; non sapeva amare come amano gli altri, quel corpicino astratto, informe forma della donna che fu, ma custodiva un amore che crogiolava in se stessa...
...e sebbene non is capacitasse del perché, dato che ambedue sapevano che non lo ricercasse e non lo avrebbe celebrato, si sentì invadere di perdono per la prima volta in vita sua...

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