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Un Addio d’Eccellenza: Chiude Pleyel

Creato il 12 dicembre 2013 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Davide Frezzato12 dicembre 2013 

Gli addii sono sempre tristi e difficili, a volte però provocano anche una forte rabbia. Nonostante possa sembrare impossibile, chiude uno dei marchi storici nella produzione dei pianoforti: la Maison Pleyel. Per intenderci, i pianoforti Pleyel sono gli strumenti su cui Fryderyk Chopin, Franz Liszt, Claude Debussy, Camille Saint-Saëns, Maurice Ravel e Igor Stravinsky hanno sudato per comporre le loro opere più celebri. Fondata nel 1807, con sede a Saint-Denis in Francia, la nota casa non ha potuto nulla contro la crisi e la concorrenza spietata di pianoforti più acerbi ma notevolmente più economici provenienti dall’Asia. Ciò che lascia con l’amaro in bocca è il comunicato stampa pubblicato dall’Associazione Francese dei Mestieri dell’Arte (CFMA – Confédération Française des Métiers d’Art): «Nell’indifferenza generale, il più prestigioso atelier musicale Pleyel chiuderà a dicembre». Questo l’epitaffio della Maison Pleyel nata come detto nel lontano 1807 grazie a Ignace Pleyel, che iniziò la sua carriera imprenditoriale nel campo della Musica come editore, diventando poi uno dei più famosi costruttori di pianoforti francesi del XIX secolo. Dopo qualche anno dalla fondazione, nel 1865, si ebbe l’inaugurazione della storica sede di Saint-Denis, uno spazio enorme di circa 55.000 m2. Nel 1961 la produzione di pianoforti era stata spostata in Germania ma successivamente fu riportata in Francia (ad Alès) e in occasione del bicentenario della sua fondazione fece ritorno a Saint-Denis. A causa della forte crisi e della conseguente frenata del mercato musicale, la Pleyel si era imposta una riconversione industriale con la speranza di tornare ad avere i conti in attivo: la Maison infatti aveva deciso di dedicarsi alla sola produzione di strumenti di lusso, in particolar modo di pianoforti a coda su commissione, e di mobili di design.

Un Addio d’Eccellenza: Chiude Pleyel

L’effetto sperato non si è mai registrato, anzi si è avuto un rallentamento tale della produzione da arrivare a confezionare soltanto due strumenti al mese. A nulla è valso il prestigioso riconoscimento ottenuto nel 2008 ovvero l’Entreprise du Patrimoine Vivant (EPV), dal momento che questo importante patrimonio storico è destinato a sparire e nessuno sta facendo qualcosa per salvaguardarlo. Ma si sa, le dure leggi dell’economia (e di certa finanza becera e malata) impongono la sottomissione della qualità e della Storia a favore di bilanci in attivo. La chiusura della Pleyel non è solo un crimine in campo artistico e storico. È un danno in termini di perdita di posti di lavoro e di alta specializzazione non indifferente. Basti pensare che in ogni singolo pianoforte si contano circa cinquemila elementi che solitamente vengono costruiti da diversi professionisti: liutai, ebanisti, verniciatori e laccatori; figure che difficilmente troveranno nuova occupazione e che non potranno dunque in nessun modo sfruttare l’esperienza acquisita e affinata nel corso di anni. Un ulteriore tocco di malinconia si avrà nelle future visite alla Capitale francese, città in cui il marchio Pleyel ha lasciato un segno indelebile dal momento che è stato dato il suo nome ad una stazione della metropolitana (Carrefour Pleyel), ad una torre e naturalmente ad una nota sala da concerto, luoghi che, si spera per molto tempo ancora, saranno un omaggio ad un patrimonio perduto. Il re è morto, viva… la mediocrità!

Un Addio d’Eccellenza: Chiude Pleyel


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