La morte ci coglie sempre impreparati, cerchiamo di affrontarla come parte della vita eppure quando decide di portarsi via un amico, un genitore, un fratello, un figlio, non la accettiamo. Ognuno di noi la sfida in maniera diversa, chi si fa travolgere dai rimpianti, dalla rabbia, dal dolore; chi cerca di trovare un logica difficilmente comprensibile: era malato, non si curava, speriamo non abbia sofferto, è il destino; chi, infine, manifesta apparente indifferenza, indubbiamente il dolore è un fatto dannatamente personale.
Ieri è morto un mio carissimo amico, una figura importante, un padre, un maestro. Una persona complessa. Oggi lo definiscono dolce, ma per favore, candido, rido ancora al pensiero. Facebook si è scatenato in necrologi a ciel sereno, e probabilmente è un bene che sia così, chi lo conosceva, chi lo vedeva solo di passaggio tra un bicchiere di rosso e uno di bianco. Ognuno lo ricorda e lo saluta dove e come vuole. Chi lo amava sta ancora piangendo.
Piero non era dolce, a meno che non pensiamo che un orso bestemmiatore, arrabbiato, fumatore e urlatore, sia dolce; non era candido, salvo ritenere le sue puntuali esternazioni spesso colorite e ricche di bestemmie un candido metodo per mandarti a quel paese. Certo, non te le mandava a dire, ti affrontava di petto e spesso ti scaraventava a terra.
Posso solo ricordare il Piero che ho conosciuto io, e lo faccio qui, perché le parole scritte mi risultano più facili, meno dolorose. Piero è il mio maestro, mi ha insegnato tutto sulla fotografia, l’immagine, il giornalismo. Piero è un amico, per anni abbiamo lavorato fianco a fianco, odiandoci e perdonandoci scontri e litigi dettati più dallo stress che da reali emergenze, per poi riappacificarci in osteria alla fine delle lunghe giornate. Piero è un padre, mi ha accolto nei periodi meno felici della mia vita e mi ha lasciata andare quando è arrivato il momento.
Piero odiava l’ignoranza e non poteva perdonare la mancanza di curiosità. Era terrorizzato dal dentista. Odiava i figli di papà, e spesso anche i papà, per le mamme nutriva pensieri differenti anche se altrettanto forti e evidenti. Piero amava le belle donne e le tette, tutte le tette. Amava suo figlio in maniera incondizionata, anche se faticava a dimostraglielo.
Aveva molti conoscenti, pochi grandi amici, con questi pochi a volte si arrabbiava e per anni gli negava la parola, a loro non riusciva a perdonare torti e incomprensioni, amici che oggi si ritrovano troppe parole non dette, dolori non affrontati, rancori irrisolti. Piero non ha mai smesso di volervi bene, semplicemente gestiva la rabbia a modo suo, ovvero ringhiando. Ma era contento di ogni vostro successo e traguardo, questo non lo ha mai nascosto.
La fotografia per Piero era aria, non poteva immaginarsi senza macchina fotografica, una vita senza fotografia non era una vita.
Questo breve testo serve a me, non certo a Piero, solo a me stessa, so che il dolore passerà e che andremo tutti avanti ma oggi fa male, e io riesco ad affrontare le lacrime solo così.