La Borsa di Shanghai è riuscita a rimanere aperta per non più di una mezz'oretta
prima di crollare di oltre il 7% con conseguente sospensione delle contrattazioni (seconda volta in pochi giorni!).
E' stata la seduta più corta nella storia della Borsa Cinese...
Pensate che il "circuit breaker" attiva una pausa da 15min nel trading se il CSI 300 scende del 5% entro 30 minuti
ma oggi il crollo è stato così veloce che il "circuit breaker" è entrato in funzione non prima di un -7%....
Come vi spiego da tempo
NON esiste una Exit Strategy indolore
dalla più Grande Bolla QE+ZIRP della Storia Umana innescata da FED, BoE, BoJ, BCE etc etc
per tamponare lo scoppio della Bolla precedente....
E la FED (semplificando) ha iniziato ad alzare i tassi
innescando un veloce rafforzamento dell'USD
che sta creando forti tensioni nel Mondo delle Economie Emergenti...e non solo...
Ci attendono tempi interessanti.
Il punto focale è.................................
.
quanto terrà la Madre di tutte le Bolle
ovvero quella di Wall Street
ed anche quanto la Yellen ci metterà a fare marcia indietro, tornare a tagliare i tassi e fare un QE4....
Prossimamente sul mio BLOG
cercherò di spiegare ai profani che cosa sia questa BIG BUBBLE,
cosa comporti per la loro vita di tutti i giorni e cosa potrebbe significare la sua violenta esplosione...
che a confronto il Crollo del 2008-2009 post crack Lehman Brothers sarebbe stata un'allegra scampagnata.
Così forse la maggioranza di voi la smetterà di fare discorsi IRRILEVANTI
e si renderà conto di quale sia il vero RISCHIO...
In questo modo sarete anche in grado di fare le scelte più efficienti per cercare di proteggervi.
#BuonAnno
E naturalmente sempre e solo sull'onda del PANICO
vengo bersagliato da e-mail e messaggi che mi chiedono
"Aiutoooo...! Cosa devo fare???!".
Muoversi sul panico è la cosa più sbagliata:
bisogna attivarsi preventivamente nei periodi di calma piatta con strategia composita e differenziata.
Perché PROTEGGERSI meglio di tanti altri è possibile: un "safe haven" relativo si può "raggiungere"...
Tanto se riusciranno a tamponare anche questo altro assaggio di SBOOM...la maggior parte di Voi si dimenticherà tutto in pochi giorni e tornerà a non fare nulla, a non attivarsi.
Almeno fino al prossimo panico...
ma una volta o l'altra sarà troppo tardi.
Intanto approfondite qui...
Questo post spiega tutta la MECCANICA high risk
di questa delicatissima fase di evoluzione della BIG BUBBLE.
DOLLARO FORTE ED EURO DEBOLE PORTERANNO AL COLLASSOE qui altre utili indicazioni (grafiche)...
Gli eventi economici più significativi del 2015, a nostro parere, sono stati due:
il crollo del prezzo del petrolio e il rafforzamento del dollaro accompagnato dalla svalutazione dell’euro.
Questi fenomeni, strettamente collegati, perdureranno per quasi tutto il 2016.
La discesa del prezzo della più importante fonte energetica, del 70% rispetto all’estate del 2014 e al di sotto di $40 è l’epitome di un’imminente depressione iniziata come recessione nel 2008 che, non essendosi mai risolta, sta degenerando nella sua forma più estrema.
Insieme a quello del petrolio c’è stato il tracollo di tutte le materie prime, tipico, appunto, del fenomeno depressivo.
La situazione della Glencore International, il colosso minerario che lo scorso settembre è arrivato a perdere il 30% in una sola seduta, esemplifica bene la situazione.
I principali indicatori dei trasporti delle materie, dal Baltic Dry Index, al Dow Jones Transportation Average, rispettivamente l’indice dei costi di trasporto merci e l’indice del prezzo medio di borsa delle principali società di trasporto, sono ai livelli più bassi degli ultimi trentanni.
Economie come Canada, Australia e Brasile qualche anno fa in salute, tutte dipendenti dalle esportazioni di materie prime, sono entrate in recessione.
In questo contesto l’unica consolazione è la deflazione dei prezzi che aumenta il potere d’acquisto dei consumatori.
L’aspetto negativo è invece, per chi produce, la deflazione del debito: infatti quando l’attività produttiva cala, il debito aumenta e il suo pagamento diventa problematico.
La deflazione del debito si sta aggravando a causa della dinamica del rapporto tra dollaro e euro, preannunciando una prossima insolvenza sistemica.
Il dollaro è valutato rispetto a un paniere di valute in cui l’euro rappresenta il 56% e pertanto qualunque cosa accade all’euro si ripercuote immediatamente sul dollaro e dal dollaro su tutto il sistema in quanto è la valuta di riserva mondiale.
La maggior parte dei paesi, infatti, risparmia o si indebita principalmente in questa valuta.
Il trend del loro rapporto, salvo brevi momenti, è iniziato a deteriorarsi nel giugno 2014, quando la BCE per la prima volta ha fissato i tassi di interesse a a livello negativo.
Prima, il differenziale tra euro e dollaro era dello 0,25 % (il dollaro rendeva lo 0,25%, mentre l’euro rendeva zero).
Ma tale spread non era ancora sufficiente a far involare in massa i capitali europei verso il dollaro.
Non appena la Bce ha spinto i tassi sempre più in zona negativa e il differenziale con il dollaro è arrivato allo 0.55%, parcheggiare denaro nell’euro è costato sempre di più e il dollaro è diventato valuta rifugio.
Ora qual è il problema?
Il problema è che la Federal Reserve mantenendo dal 2008 i tassi praticamente a zero ha incentivato l’indebitamento in dollari.
Su ogni 100 dollari presi in prestito pagando un interesse di solo 0.25, si poteva, investendo ad esempio nel real brasiliano, guadagnare la bellezza di 9.75 dollari cioè l’11%.
Era logico che la maggior parte dei paesi, in particolare quelli emergenti, si indebitasse a livelli record in un dollaro a buon mercato per acquistare valute a rendimento elevato.
E così si è sviluppato il carry trade globale sul dollaro arrivato oggi a superare $9 trilioni (un valore pari quasi al prodotto lordo cinese).
Il carry trade, ovviamente, ha funzionato finché il dollaro è rimasto stabile e a buon prezzo.
Ma a partire dall’estate del 2014, dopo la svalutazione dell’euro, l’apprezzamento del dollaro ha trasformato il carry trade in una trappola.
Il valore del debito in dollari è di colpo aumentato per tutti.
Il caso più eclatante è quello del real brasiliano.
Dall’inizio del 2015, si è svalutato di un incredibile 40% rispetto al dollaro e questo significa che per le società brasiliane indebitate in dollari, il debito è aumentato del 40%.
In generale, tutte le valute si sono svalutate rispetto alla moneta di riserva: il peso colombiano del 30%; il dollaro canadese del 15%; la corona norvegese del 18%; lo yen giapponese del 25%.
Per questi paesi, dunque, il debito in dollari è aumentato nella stessa misura della svalutazione.
Non è una coincidenza, inoltre, che il prezzi del petrolio, delle materie prime e delle azioni dei paesi emergenti siano andati al tappeto proprio nel momento dell’apprezzamento del dollaro.
Contemporaneamente si è verificato il crollo dei bond energetici e delle obbligazioni societarie statunitensi.
Dunque dollaro forte e euro debole hanno approfondito la deflazione globale.
Ora cosa succederebbe se entro il 2016 la Federal Reserve, aumentasse i tassi dall’attuale 0.50% all’1.50%, cioè di ben tre volte, come promesso nel mese dicembre?
Innanzi tutto si verificherebbe un’ondata di default dei paesi emergenti indebitati in dollari con ramificazioni globali e il dollaro si apprezzerebbe ancora di più (la corsa al dollaro per pagare i debiti lo rafforzerebbe).
Inoltre diventerebbe ancora più difficile per le società americane esportare, i loro profitti si ridurrebbero e i corsi di borsa precipiterebbero.
Non sarebbero più sufficienti i buyback azionari (il riacquisto di azioni proprie) per mantenere artificialmente alti i corsi e non si potrebbero escludere, come nel 2008, crolli di borsa fino al 50%.
Questo è il motivo per cui, secondo noi, la Fed nel 2016 non alzerà ulteriormente i tassi.
Ma poco importa, perché il dollaro si apprezzerà ugualmente in quanto la Bce, con il riacutizzarsi della crisi europea, svaluterà aggressivamente l’euro provocando una nuova e più intensa fuga di capitali verso il dollaro.
Rivalutatosi sempre di più, i prezzi delle materie prime potrebbero anche scendere sotto del livello del 2015, la deflazione si approfondirebbe trasformandosi in depressione.
A quel punto, nella seconda metà del 2016, per evitare ondate di bancarotte all’interno e l’implosione del debito ai paesi emergenti, la Fed, sarebbe costretta a riallineare la sua politica monetaria a quella della Bce e invece di alzare i tassi li riabbasserebbe per creare un nuovo e gigantesco quantitative easing con lo scopo di inflazionare il dollaro e evitare la depressione globale.
Solo allora potrebbe cominciare la fase rialzista delle materie prime.
Non per la ripresa economica mondiale ma perché diventerebbero beni rifugio per i capitali scampati al collasso valutario generale.
Insomma, si preparano tempi biblici.
di GERARDO COCO
These are the charts and themes that tell the story of 2015.
I. The Great Divergence.
After seven years of 0%, the Federal Reserve at long last increased interest rates by 0.25% in December.
Remarkably, they did so against a backdrop of easing by virtually every other major global central bank. Australia, Canada, China, Denmark, India, Indonesia, Norway, Russia, South Korea, Sweden, Switzerland, Turkey and the ECB all cut rates in 2015.
The ECB moved further into negative territory in early December, just weeks before the Fed hike.
Draghi also announced an extension of the QE program he started earlier in the year. With U.S. QE over, the Fed’s balance sheet growth has flatlined over the past year versus a growing balance sheet in Europe (ECB) and Japan (BOJ).
This Great Divergence in monetary policy between the U.S. and the rest of the world would have ripple effects throughout the financial markets.............
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