L’alcolismo è una sindrome patologica derivante dall’assunzione acuta o cronica di grandi quantità di alcol.
Per una maggiore precisione, sarebbe più corretto parlare di “alcolismi” perché questo fenomeno nasce in circostanze assai differenti tra loro, e può quindi sviluppare differenti sfumature a seconda della quantità e della frequenza dell’assunzione, del contesto socio-economico e della tipologia del bevitore, ecc.; comunque lo si voglia indicare, l’alcolismo è un problema estremamente diffuso, e sembra non conoscere confini geografici, di età e di status.
Anche in Italia si può parlare di una forte dilatazione del problema, in particolare tra i giovani; i dati raccolti dall’ISTAT, infatti, forniscono una fotografia del nostro paese che, se non sorprende, appare certo impressionante: nel 2010 il 65% della popolazione oltre gli 11 anni ha bevuto almeno una volta durante l’anno, e sono stati individuati comportamenti a rischio, come il consumo giornaliero non moderato, il binge drinking (consumo di più di sei bicchieri in una sola occasione) e l’assunzione di alcol tra gli 8 e i 15 anni, in ben 8 milioni 624 mila italiani. E ancora: il 26,3% della popolazione italiana beve alcol quotidianamente, mentre il 38,4% ha bevuto almeno una volta fuori dai pasti; e se conforta il fatto che la quota di persone di più di 14 anni che bevono alcolici, pari al 67,6%, si sia abbassata rispetto a quella del 2009, non si può non rimanere sconcertati di fronte al dato più inquietante: il 13, 6% dei ragazzi tra gli 11 e 15 anni, per un totale di 392 mila “bambini”, consuma alcol quasi regolarmente.Considerando questi dati, proviamo ora a pensare che in Europa, e quindi in Italia, l’indice di alcolisti si aggira tra lo 0 e il 2%, mentre in Russia e Europa dell’Est è tra il 10 e il 14%: avremo così un’idea, comunque minima, di quanto questo fenomeno sia esteso.
Il Governo spagnolo si è interessato soprattutto al problema dell’alcolismo giovanile, affrontandolo in due maniere differenti e rivolgendosi nella prima ai genitori, nella seconda agli stessi ragazzi:
Per parlare ai genitori, il Ministero della Salute spagnolo ha pensato ad sicuramente informare, più che a colpire con le immagine: la foto è infatti quella di una ragazza molto giovane, presumibilmente intorno ai 13 anni, che si nota essere in mezzo ad altri ragazzi (probabilmente a scuola); davanti a lei campeggia una scritta dai colori molto forti, quindi molto in vista, che dice: “Non sempre sono i figli dei più che si ubriacano i fine settimana. Parla con tuo figlio”; sotto, un’altra striscia informativa fornisce ulteriori dati sull’alcolismo giovanile, e rimanda al sito del Governo.
Per rivolgersi ai giovani, invece, il Ministero spagnolo è stato decisamente più diretto:
due foto sfocate, che riproducono la classica “vista doppia” da ubriachi, ritraggono un ragazzo e una ragazza in due situazioni formidabilmente normali, di quelle che molti di noi hanno visto e magari anche vissuto, sulle quali spicca una scritta che punta agli effetti, fisici e psicologici, che l’alcol provoca e che distruggono sia la vita sociale (“Il doppio di ridicolo”, il ragazzo addormentato sul divano) sia quella intima (“Il doppio di vulnerabile”, la ragazza in un angolo) delle persone; sotto, la striscia informativa, corredata di foto, mette in guardia su alcuni effetti degli alcolici e, come la precedente, rimanda al sito del Governo.
Il tono è indubbiamente istituzionale e alcuni dettagli, come l’immagine che dovrebbe informare su quali siano le sostanze dannose per tu cuerpo y tu cerebro, sono abbastanza banali, ma nel complesso la campagna è incisiva, come lo è il messaggio costruito “ad hoc” per il target di riferimento.
Queste sono invece due campagne che hanno creato numerose polemiche per il loro tono shockante.
La prima campagna è promossa dal Ministero della Salute scozzese, e punta alla sensibilizzazione verso il problema dell’alcolismo utilizzando un linguaggio visivo decisamente forte: una ragazza, tutta “agghindata” per una serata fuori, è sdraiata in un sudicio bagno (probabilmente di una discoteca) con la testa dentro il water, mentre fa qualcosa che non è difficile da immaginare; il target è sicuramente quello giovanile, e il senso di disgusto suscitato dall’immagine (mi è capitato di vederne una simile, una volta, e posso assicurare che non è bel vedere!) è accentuato dall’ironica affermazione “Lei pensava che farsi un drink l’avrebbe resa più dura”. Non è presente alcun dato riferito ad esempio al consumo di alcol tra i giovani, o tra i frequentatori delle discoteche; questo, unito al fatto che il vero messaggio sia totalmente sintetizzato nel “don’t push it” (se si esclude l’ormai classico rimando al sito del Ministero), rendono a mio parere questa campagna meno incisiva di quanto possa apparire.
Di tonalità simile, e anzi amplificata, è la seconda iniziativa, che però punta a prevenire l’assunzione di alcol prima di mettersi alla guida. La protagonista è Jacqueline Saburido, una donna venezuelana che dopo essere rimasta letteralmente sfigurata dopo un incidente stradale ha deciso di farsi simbolo, con la sua associazione, della lotta all’alcolismo, e lil messaggio è indirizzato a prevenire l’assunzione di alcol prima di mettersi alla guida; l’immagine del viso di Jacqueline spaventosamente mutilato (soprattutto se confrontato con la piccola immagine in bianco e nero posta in basso, che la ritrae prima dell’incidente) occupa per intero lo spazio, sprigionando tutta la sua carica ammonitrice, mentre la scritta in alto ricorda con tono solenne quante persone rimangono mutilate a causa di incidenti stradali provocati da autisti ubriachi. È la foto che parla, con lo specifico obiettivo di shockare chi la guarda; il messaggio raggiunge qualsiasi target e rimane orribilmente impresso.
É molto frequente, infatti, che il problema dell’alcolismo venga affrontato parallelamente a quello della guida in stato d’ebbrezza; così è stato per una delle campagne promosse dal comune di Milano:
Anche qui il tono è buio, l’ambientazione è apocalittica, e il messaggio oscilla tra il macabro e l’ironico, con l’ovvio intento di shockare i destinatari: su una strada desolata, con un cielo cupo e nuvoloso sullo sfondo, un uomo di vetro giace distrutto in mille pezzi, mentre la strada si copre di sangue. L’assimilazione uomo-bottiglia, oltre al chiaro riferimento “strumentale”, serve anche allo sviluppo del messaggio: “Se bevi e guidi, infrangi la legge. E i cocci sono tuoi”, chiaramente ispirato al noto detto, ed articolato secondo le equazioni «Se rompi = Se bevi e guidi» e «paghi = infrangi la legge (e perciò verrai punito)», che serve a conferire una sorta di orecchiabilità allo slogan e a renderlo più penetrante. L’idea è forte, e il messaggio, racchiuso tutto nell’immagine, molto incisivo; ma la totale assenza di dati, o per lo meno di dati visibili, lo rende eccessivamente generalista.Sempre del comune di Milano è quest’altra campagna sull’alcolismo, diretta a sensibilizzare i cittadini sull’abuso di alcol inteso come patologia e dipendenza. Si tratta di un adesivo che i gestori di bar/pub/locali dovrebbero esporre se aderenti all’iniziativa “Non sei tu che abusi dell’alcool. È lui che abusa di te”, in adempimento al divieto di somministrazione e vendita di alcolici ai minori di 16 anni.
Il messaggio veicolato dallo slogan è indirizzato ai “diretti interessati”, e viene visualizzato nella bottiglia che imprigiona la giovane impedendole qualsiasi possibilità di fuga; ma dato che risulta quasi impossibile dedurre l’età della ragazza (che, visto l’obiettivo della campagna, non dovrebbe avere più di 16 anni), risulta difficile a questo punto capire l’utilità di quest’immagine affissa fuori da tutti quegli esercizi che hanno una regolare licenza di somministrazione e vendita di alcolici, tanto più che il messaggio non è rivolto a loro: io per legge non te li posso vendere, ma tu non venire comunque a chiedermeli?
Anche il Ministero della Salute italiano, come i suoi “colleghi” esteri, si interessa del problema dell’alcolismo, ma analizzando le campagne governative si nota con amarezza quanto queste siano poco incisive e decisamente banali.
Dal 2004 al 2009 si sono susseguite delle campagne pressoché simili, tutte di tono assolutamente medio e sterile, e con messaggi poco incisivi o comunque trasmessi asetticamente; tra quella del 2005 e quella del 2006, addirittura, non cambia praticamente niente: stessa idea, stessa grafica, stesso messaggio incentrato sul gioco di parole «bere-fare il pieno-guidare», stessa banale retorica. Ancora peggio quella del 2007 che, ovviamente sulla scia della vittoria ai Mondiali di Germania del 2006, ha per protagonisti l’allentore della Nazionale Marcello Lippi, e alcuni tra i suoi più famosi giocatori: Rino Gattuso, Gigi Buffon, Fabio Cannavaro, e Francesco Totti.
L’importanza e la centralità date a queste figure, idealizzate dal target di riferimento prescelto, per quanto nobili siano la causa e il messaggio trasmesso (tutto incentrato sull’associazione sport-vita), sono però il sintomo della banalità dell’iniziativa: senza di esse, infatti, non esisterebbero né una campagna né un messaggio da mandare.
È invece leggermente più originale la campagna ministeriale del 2009, che utilizza un effetto fotografico particolare di distorsione dell’immagine al fine di riprodurre l’effetto “vista doppia” degli ubriachi (come la campagna spagnola vista in precedenza), ma che non manda alcun messaggio immediato; anzi, ad una prima occhiata, non manda proprio alcun messaggio!
Sarà perciò anche vero che l’Italia, se guardata rispetto al resto del mondo, può considerarsi lontana dal problema dell’alcolismo, ma questo non significa che esso debba essere affrontato con leggerezza; perché, riguardando i numeri iniziali, il quadro non può definirsi esaltante.
Francesca Vargiu