di Riccardo Viganò
E. De Morgan, Elena di Troia (1898) – “The De Morgan Centre”, Londra
Tra i protocolli notarili conservati nell’Archivio di Stato di Lecce, si trova una raccolta di documenti redatti dal notaio Trotta Francesco Saverio che rogò a Nardò dalla seconda metà del Settecento sino alla prima del secolo successivo. Sulla copertina, realizzata in pelle di pecora, vicino al margine destro del frontespizio si legge una deliziosa poesia datata 1815 e vergata da una mano sconosciuta ad inchiostro nero con scrittura minuta ed elegante. I versi sono quelli che seguono:
Elena o fù ch’io chiamo
Dè vola a me un istante
Tornami a dir ti amo
Serbami la tua fè.
E allor di te sicuro,
Anima mia lo giuro
ti toglierò al profondo fonte;
O morirò errante.
(ASL protocolli notarili Nardò 66/30, Trotta Francesco Saverio, anno 1815, frontespizio di copertina).
È difficilissimo, per non dire impossibile, riuscire a scoprire l’identità del nostro vate che cantò il suo amore per Elena ma a me, dopotutto, mi bastano i suoi versi che ancora mantengono tutta l’intensità, tutta la purezza, tutta l’immensità di quell’amore … e quell’amore va oltre l’uomo, oltre il tempo, oltre tutto.