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Un anno di scrittura e la grande sfida del dialogo

Creato il 05 aprile 2011 da Emanuelesecco
sottofondo: Bobby Womack – Across 110th Street

scritturascemo

È più o meno da un mese e mezzo che quando mi metto a scrivere penso che ormai è passato un anno da quando ho pubblicato sul blog il primo racconto. Ero sempre incerto sulla data precisa, ma non ho mai avuto voglia di andare a controllare.
L’ho fatto oggi, è ho scoperto con mio grande stupore che ormai è passato un anno e un mese, e meno male che avrei voluto scrivere questo post già qualche tempo fa.

Un anno e più di ripresa scrittura.
Cosa posso dire…
Mi sono fermato a rileggere i miei primi lavori, e devo dire di essere migliorato per quanto riguarda lo stile, ormai penso di aver trovato qualcosa di tutto mio (almeno così mi pare) o quanto meno di essere riuscito a miscelare gli stili dei vari scrittori le quali opere mi hanno tanto emozionato.
Per quanto riguarda i dialoghi penso di essere migliorato senza dubbio, ancora ricordo quando li scrivevo in stile sceneggiatura, spaventato da quello che forse è il più grande ostacolo per uno scrittore che voglia aggiungere quel qualcosa in più al proprio scritto. Non sto neanche qui a dire quanto è stato difficoltoso all’inizio, e di quanto invece lo sia adesso, mi trovo a scrivere dialoghi anche interminabili senza la minima fatica. Adesso non riesco a capire quella paura che avevo, mi bastava solo un po’ di esercizio, infatti penso che riscriverò le parti di dialogo dei vecchi racconti, così da uniformarli finalmente a quello che è il mio attuale stile.
Il dialogo dev’essere scorrevole, senza punti morti, non deve far dimenticare al lettore di cosa stanno discutendo i vari personaggi. E questa è veramente la sfida più grande per coloro che vogliono cimentarsi nella scrittura.
Per non contare, poi, l’aspetto più importante di un dialogo: la naturalezza. Le parole devono sembrare reali, non come quei dialoghi posticci da kolossal americano, da serie tv o che si possono trovare in molti libri di enorme successo commerciale (qualcuno ha parlato di Moccia o quella fetecchia di Twilight?), in cui si nota che le varie battute  sembrano uscite da un generatore casuale di frasi sentite e risentite e che mancano di quel pizzico di realtà che dovrebbe far immergere il lettore o lo spettatore. Proprio per questo adoro Quentin Tarantino, i suoi dialoghi sono immediati, naturali e soprattutto sono parole che ognuno di noi può trovarsi a dire in un’occasione qualsiasi. Devo molto ai suoi film, ma forse si nota dai dialoghi che scrivo e che puntualmente propongo al lettore.

A chi afferma che è la descrizione la cosa più importante, posso dire che non è così (o che non vale per tutti i generi), almeno secondo il mio punto di vista. Dialogo e descrizione hanno la stessa importanza, hanno tutti e due il compito di immergere colui che sta leggendo in quel piccolo mondo fatto di carta e inchiostro e, diciamocela tutta, di renderlo letteralmente parte delle vicende narrate. Questo ovviamente non vale per molte opere, le quali descrizioni, uniche protagoniste dello scritto, sono una vera gioia per l’intelletto. Diciamo pure che dipende dal genere di romanzo che uno decide di scrivere.
A tutti coloro che vorrebbero cimentarsi nella scrittura di dialoghi che non appaiano falsi posso suggerire di usare il mio metodo di apprendimento: lo stile sceneggiatura, il botta e risposta senza descrizioni di sorta. Una volta che le battute appariranno pregne di naturalezza si può di certo cominciare ad aggiungere qualche arricchimento qua e la, facendo agire il personaggio mentre parla. Con me ha funzionato, e lo dico da principiante assoluto, non pretendo affatto di voler insegnare o imporre qualcosa. Vedete un po’ voi se questo metodo può servirvi.

Il bello è che in questo post non volevo parlare di quest’argomento, ma va bene così. Un ottimo esempio di come la scrittura possa prendere delle pieghe che nemmeno l’autore pensa di prendere in considerazione.
Ve be’, meglio finirla qui, che un racconto mi attende :-)

 

E.


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