Due anni fa scrivevo questo post.
Poche righe, scritte con un gran batticuore, il riassunto di due vite quasi, quella prima e quella dopo la nascita di Di. Il post finiva con una domanda.
E poi?
Poi basta. Chiuso, finito.
Me ne sono andata in giro per la rete, sono approdata a sistemi più comodi per scaricare l'anima e in fondo non mettere in gioco nulla. La testa fitta di pensieri, una confusione totale che riuscivo a calmare raccogliendo stimoli. Non qui, in un'altra specie di blog, molto più solitario nella sua condivisione. e a cui adesso ho cambiato nome. A voi non dice sicuramente niente, ma per me è stata una svolta quasi epocale.
Ricordo anche il vestito grigio di questo posto, la certezza che tanto non sarei mai riuscita a farne un luogo mio perché me ne mancavano la forze o semplicemente la sicurezza necessaria che serve per mostrare al mondo una parte di sè così intima. Una sensazione che conoscevo molto bene perché ne sono rimasta vittima tante volte. Con le mostre ad esempio. Mesi di lavoro per poi arrivare al giorno prima con i crampi allo stomaco. La mancanza totale di voglia di espor(mi). Si perché, più del giudizio sull'"opera", temevo la fragilità che ne traspariva. Mi sentivo nuda davanti al mondo.
E che ho fatto? Eh certo, proprio come con il blog sono semplicemente scappata.
Ora a distanza di circa un anno dal mio ritorno posso dire che almeno ho smesso di scappare.
Miseria, lo so che suono sempre così melodrammatica nelle mie esternazioni, avessi il dono dell'ironia penso che ne farei uso a piene mani!
Non è una delle mie doti purtroppo, e se vado un po' indietro a rileggere, salta subito all'occhio (e anche un po' alla gola :-D), ma sono riuscita a buttare fuori tanta di quella roba che non mi sembra ancora vero. Non posso dire che non sono più quella che due anni fa scriveva quelle 4 righe, ma sicuramente mi è riuscito di guardarmi dentro "a testa alta" e se a volte (seeee, anche più di "a volte") ho ceduto all'autocommiserazione, ecco non era quella l'emozione principale che guidava i miei pensieri.
All'inizio era un po' come violentarmi ogni volta, quando poi sono tornata qua a scrivere, ma l'ebrezza di mettersi in gioco mi ha preso la mano. Tornavo sempre più spesso, ho giocato e riso e anche un po' piagnucolato (diciamocelo), ma quel che ogni giorno mi sorprende ancora è che sono riuscita a farne un posto mio. Con la sua identità. Che possa piacere o meno questo passa in secondo piano rispetto alla conquista di una sorta di libertà mentale.
Non so se sono riuscita bene a rendere il concetto.
Avevo una precisa idea di me, di quel che volevo venisse percepito, ma non mi riusciva di farlo emergere. Mi davo della vigliacca, per questo nel profilo ho scritto che questo è il resoconto in divenire di un viaggio. Viaggio inteso come scoperta di se stessi, il tragitto verso la capacità di non tradirsi una volta che ci si è trovati. E la sfida conseguente che ne deriva, cioè mantenere la mente abbastanza aperta. Fedeli a se stessi, ma spalancati al mondo e non chiusi in un circolo vizioso di autocompiacimento.
Ok, finito pippone (devo sdrammatizzare se no divento un macignio!).
Ma quanto ho scritto?!?! Sono fuori di testa.
A fine di questo post metto questo che è stato l'ultimo dipinto che ho fatto e mostrato. Non è più mio. L'ho abbandonato al suo destino dopo una mostra itinerante. Semplicemente non sono più andata a riprendermelo (per dirvi come stavo messa). E lo dedico a una persona che passa di qua, che mi conosceva quando l'ho fatto. Non so come mi ha trovato (o forse si???), ma apprezzo che rispetti la scelta dell'anonimato.