Un architetto ci accompagna nei cantieri di Sochi, nuova capitale russa degli eventi sportivi

Creato il 03 marzo 2013 da Sdemetz @stedem

Joachim Mallmann l’ho conosciuto ai tempi dell’università, quando, tedesco di Aquisgrana, frequentava architettura al Politecnico di Milano dove poi si è laureato. Tornato in Germania si è specializzato in fisica edile e da alcuni ormai gira il mondo in qualità di “site supervisor” nelle costruzioni di circuiti di Formula Uno per conto della Tilke & Partners (studio tedesco esperto in circuiti di Formula Uno). È stato direttore dei lavori ad Abu Dhabi (Yas-Marina-Circuit) per alcuni edifici del circuito, in India (Budhh International Circuit) e in Malesia. Grazie a facebook per fortuna i nostri contatti non si sono persi e le coincidenze lo hanno portato a Sochi dove sta curando la direzione dei lavori delle infrastrutture del circuito di Formula Uno, che duranti i Giochi Olimpici del prossimo febbraio 2014 saranno integrate nell’Olympic Park. Lui si occupa nello specifico di alcune facilities, come il media center (destinato solo al circuito, con una capienza di 500 posti di lavoro per la stampa), le tribune, le lounge VIP, lo stabile che ospiterà tutti i servizi per competizione e gli uffici della FIA e il cosiddetto Team Building che accoglierà oltre a vari uffici logistici e un piccolo centro di pronto soccorso, anche box aggiuntivi per le squadre, che per motivi logistici non potranno raggiungere Sochi con i motorhome.

Nel mio ultimo post avevo parlato di sostenibilità delle infrastrutture come metafora di un buon management. Mi è parso quasi naturale fare due chiacchiere con Joachim , visto che davvero si trova nel cuore di un immenso cantiere destinato ad ospitare molto sport nei prossimi anni: Olimpiadi(2014), Formula Uno (2014 o 2015), Mondiali di calcio (2018).

Sochi: dagli zar ai suv

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Domanda: Joachim, prima di tutto, cosa ci puoi dire di com’era Sochi prima e come sarà domani?

Risposta: Sochi città è nata come destinazione balneare all’inizio del 1900, quando c’erano ancora gli zar. Nella Russia sovietica si è poi convertita in Kurort: non c’erano più hotel, bensì “sanatori” per le diverse categorie: i lavoratori della Pravda, i lavoratori della metallurgia, i lavoratori della chimica etc. Negli anni Novanta questi edifici sono stati ritrasformati in hotel, oggi ristrutturati e integrati con una fitta serie di appartamenti, che saranno venduti dopo i Giochi Olimpici. Ci saranno circa 60.000 posti letto in più. Per inquadrare bene la località, potrei dire che Sochi è per i russi uno vero status symbol. Chi ha soldi non va in Turchia al mare, ma viene qui. Comprare un casa sulla costa russa del Mar Nero è sempre più chic. Grazie ai mega eventi sportivi le brutture sovietiche vengono abbattute o rimodernate. Sochi sta subendo un vero e proprio “upgrade”. Tutta la rete viaria è stata ripensata con nuove arterie, come la litoranea o l’asse che porta in montagna, dove peraltro il paesaggio è molto bello. Qui vengono in vacanza i russi che “sono” qualcuno o vogliono apparire o che tentano scalate sociali. Certo la scommessa è se riusciranno a vendere tutti gli appartamenti o se non si rischia una bolla immobiliare.

Sochi sostenibile?

credit:www.sochi2014.com

D: Questo è il grande dubbio dei mega eventi, in effetti. Nel sito ufficiale delle Olimpiadi l’impatto degli investimenti è scritto a chiare lettere: sono 183 le nuove costruzioni o gli edifici ristrutturati complessivi. La trasformazione è davvero incredibile, ma secondo te, dopo le Olimpiadi, che ne sarà di Sochi? Si potrà parlare di legacy?

R: Per quanto riguarda il circuito di Formula Uno, il progetto iniziale prevedeva molte infrastrutture di tipo temporaneo, ma il nuovo promoter del circuito ha deciso di optare per strutture fisse, affinché possano essere riutilizzate per ammortizzare gli investimenti e soprattutto lanciare nuove forme di business con altri eventi sempre legati all’automobilismo. Con un solo Gran Premio non è possibile mantenere un tale impianto.

Per quanto riguarda invece le infrastrutture olimpiche, che non è il mio studio a seguire, so che lo stadio per la cerimonia inaugurale ospiterà poi i Mondiali di Calcio nel 2018, mentre l’arena del pattinaggio velocità sarà riconvertita in un centro fieristico e il media center olimpico (MPC) sarà trasformato in un centro commerciale

È chiaro però che la legacy dipende sempre da chi gestisce gli impianti. Nella mia esperienza ho visto che questo accade quando ci si libera di certi schemi. Strutture nate per lo sport non devono necessariamente essere usate solo per lo sport. Ci sono Vip Lounge in circuiti magnifici che vengono utilizzate per congressi, convegni, matrimoni e …funziona! D’altra parte le infrastrutture ci sono, dagli schermi ai banchi di lavoro, dalle cucine alla connettività. La ricetta per una buona legacy potrebbe essere questa: fantasia e buon management. Bisogna osare, ma non bastano le idee, bisogna poi saperle realizzare con efficacia.

Costruire e andare via!

credit: pinterest_aroundthetings

D: Il tuo lavoro è un po’ questo, no? Costruire e consegnare. La vita di ciò che costruisci poi non è più affare tuo. Questo è ovviamente comune a tutti gli architetti, ma ecco, tu ti occupi della costruzioni di edifici destinati ai mega eventi sportivi che poi non vedrai: emozioni, entusiasmo, urla, gioia, festa… Non ti dispiace non vedere tutto questo che prende vita dentro gli edifici che hai costruito?

R: È vero. Di solito due settimane prima dell’apertura me ne vado. Il punto è che per me il centro non è l’evento o lo spettatore, ma la struttura. Certo, è capitato che in un secondo tempo io abbia visitato un circuito di cui ho seguito la costruzione. Ma in questi casi il mio sguardo non cadeva sul come la gente viveva quegli spazi, ma proprio sui dettagli di costruzione, ad esempio, una piastrella che nella posa si era rotta e che era ancora lì rotta e non sostituita, oppure un muro che di fatto non andava bene. Io sono in genere molto critico. Ad Abu Dhabi, per esempio, ho fatto una lista infinita di cose che a mio avviso non andavano bene, ma probabilmente sono cose che noto solo io. L’utente normale non se ne rende conto. D’altra parte, si tende a creare qualcosa di molto bello laddove cadono le telecamere e a lasciare il dietro le quinte meno curato, ma questo meno bello probabilmente disturba solo la vista di chi è del mestiere. Ecco, forse le aree media sono quelle che pur non andando in TV godono di attenzioni particolari.

In India, infatti, le cabine di commento all’inizio erano state situate in uno “scantinato” e in seguito alle proteste delle TV sono state spostate dentro container sopra la tribuna. Meno belle, ma più funzionali. D’altra parte è ovvio che il giornalista voglia vedere e stare dentro ciò che accade.

D: Mi pare molto interessante ascoltare il punto di vista di un costruttore di impianti destinati agli eventi sportivi e trovo che in fondo tra un architetto e un organizzatore ci sia un parallelismo. Entrambi costruiamo qualcosa che poi affidiamo ad altri: voi gli edifici e noi gli spazi (il campo di gara) e i servizi dell’evento. Sono poi gli atleti, i media e gli spettatori a vivere ciò che abbiamo realizzato. La differenza sostanziale è che voi costruite il tangibile e noi l’intangibile. Ma ecco, direi che siamo colleghi della stessa filiera. La sostenibilità è importante per entrambi.

R: Beh, diciamo che noi costruiamo e sta poi a voi rendere sostenibili gli edifici. In India, ad esempio, il circuito si usa solo per la Formula Uno, mentre ad Abu Dhabi, l’immensa tribuna a ferro di cavallo è usata spesso come sede di concerti. Noi li abbiamo costruiti, voi date loro vita.

Good Morning Sochi!

credit: instagram_planetasochi

D: Torniamo a Sochi. Per chiudere vorrei farti ancora un’ultima domanda sulle Olimpiadi: come si stanno preparando gli abitanti di questo ex Kurort sul Mar Nero per il grande evento?

R: Il problema con il quale mi confronto io è che pochi parlano l’inglese e la comunicazione potrebbe essere difficile. Un tentativo viene dalla radio, dove quotidianamente viene insegnata la parola inglese del giorno. Mancano 343 giorni, dunque ci sono ancora 343 parole da imparare! Forse basteranno per farsi capire.

Grazie, Joachim, per questo breve viaggio a Sochi


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