Una immagine composita di M82, la galassia dove è stata individuata la luminosissima pulsar ‐composizione di dati da HST/Chandra/Spitzer. Credit: NASA/JPL‐Caltech/STScI/CXC/UofA/ESA/AURA/JHU
Una stella di neutroni pulsante luminosa come 10 milioni di soli. È la pulsar più luminosa mai osservata ed è stata scoperta da Matteo Bacchetti laureato a Cagliari e ora in forza ora all’Osservatorio Astronomico di Cagliari.
La scoperta, effettuata con il telescopio spaziale NuSTAR (Nuclear Spectroscopic Telescope Array) e pubblicata nel numero di Nature del 9 Ottobre, mostra che le sorgenti di raggi X più brillanti dei dischi galattici – fino ad oggi ritenute sempre buchi neri ‐ possono essere in realtà degli oggetti ancora più piccoli. A guidare il team internazionale che ha condotto la scoperta, il giovane Matteo Bachetti, laureato a Cagliari e ora in forza ora all’Osservatorio Astronomico di Cagliari ma all’epoca della scoperta all’Institut de Recherche en Astrophysique et Planétologie di Tolosa, in Francia.
Le pulsar sono stelle di neutroni, il resto densissimo lasciato dall’esplosione di supernova quando una stella muore. Hanno la massa di uno‐due soli, concentrata in una sfera grande meno di Roma. Si potrebbero definire dei buchi neri mancati, dato che se fossero un po’ più pesanti ‐ meno di due volte tanto ‐ non sarebbero in grado di sostenere il proprio peso, collassando ulteriormente e diventando buchi neri.
I raggi X osservati da stelle di neutroni e buchi neri sono in genere prodotti quando questi oggetti compatti catturano della materia. Più materia catturano, e più sono i raggi X prodotti. E la quantità di materia massima che può essere catturata dipende da quanto è “massiccio” l’oggetto che la cattura. I buchi neri, più grandi delle stelle di neutroni, possono quindi essere molto più luminosi delle stelle di neutroni.
Quando gli astronomi hanno osservato in galassie vicine delle sorgenti di raggi X fortissime, chiamate in gergo Ultraluminous X‐ray sources (ULX), hanno quindi sempre attribuito a dei buchi neri questa emissione. E siccome alcune di queste sorgenti sono decine di volte più luminose dei buchi neri più luminosi noti nella nostra galassia, si è addirittura pensato per un po’ che queste sorgenti fossero buchi neri molto grandi, oltre 100 volte la massa del nostro Sole.
Ma da oggi, questo approccio va considerato errato. Una di queste sorgenti, M82 X‐2 nella galassia M82, a circa 12 milioni di anni luce dalla Terra, ha iniziato ad un certo punto a pulsare velocemente: gli astronomi hanno immediatamente riconosciuto in questa pulsazione l’impronta di una stella di neutroni.
“Quando ho visto le pulsazioni non potevo crederci, per giorni ho pensato ad un errore e cercato quale fosse la sorgente vicina a X‐2 che potesse contaminare i dati.“, spiega il primo autore dell’articolo, Matteo Bachetti, “L’unico modo di ottenere pulsazioni così veloci e così stabili è avere una pulsar, cioè una stella di neutroni.”
Queste stelle infatti hanno un campo magnetico mostruoso, e quando la materia cerca di cadere sulla stella il campo magnetico ne concentra la caduta in due aree piccole e brillantissime. Siccome la stella ruota, queste due aree brillanti si comportano esattamente come la lampada di un faro, producendo il caratteristico segnale pulsato.
Ma come può un oggetto così piccolo essere così brillante? Gli astronomi non sono ancora sicuri. Questa stella di neutroni sembra avere la “dieta” di un grosso buco nero, e ci vorrà un serio lavoro di studio teorico e osservativo per capire quale sia l’esatto meccanismo che lo permette. La notizia viene solo poche settimane dopo la scoperta che un’altra ULX estremamente vicina a M82 X‐2, chiamata M82 X‐1, è invece dall’altra parte esatta della barricata: un buco nero di 400 volte la massa del sole. Questo oggetto è un rarissimo esempio di buco nero di massa intermedia, considerato l’anello mancante tra i buchi neri stellari, che possono arrivare fino a circa 100 volte la massa del sole, e i buchi neri supermassivi che risiedono nei centri delle galassie.