E' questo il momento della giornata che i gabbiani preferiscono. Lo dimostrano i loro gridi acuti, quegli strani richiami che lanciano a quest'ora per cercarsi, rincorrersi, planare nel vento che soffia a folate dal mare.
Alcune finestre si illuminano di chiarori tenui, il chay perde i suoi riflessi ambrati tra le volute di fumo opaco d'una tazzina, le voci della città si fanno simili a sospiri. Mille paia di occhi sono rivolti al cielo.
Il blu piomba nel viola e poi nel nero, d'improvviso, come un cavallo che impenni davanti a un ostacolo che già conosce, e che supererà. L'ostacolo da attraversare è l'oscurità. Il buio. La notte che arriverà senza inganno, con il suo manto nero.
Qui siamo giusto un attimo prima che scenda questa scura cortina.
E' un momento che ha in sé qualcosa di irreparabilmente magico.
La bellezza è fatta quasi sempre di questo, di un attimo. Un attimo colorato. Sospeso. Unico e non ripetibile. Impalpabile e terreno come solo Istanbul sa essere.