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Un attore, una storia: Nino Manfredi, la seconda parte

Creato il 29 dicembre 2013 da Giuseppe Causarano @Causarano88Ibla

Un attore, una storia: Nino Manfredi, la seconda parte
(2^ Parte) Il 1966 di Nino Manfredi è caratterizzato da ben quattro film: “Io, io, io… e gli altri” di Alessandro Blasetti, “Operazione San Gennaro” di Dino Risi, “Adulterio all’italiana” di Pasquale Festa Campanile e “Una rosa per tutti” di Franco Rossi, nel quale Nino collabora anche alla sceneggiatura.
Tra questi, sono di grande rilievo nella carriera di Manfredi soprattutto “Operazione San Gennaro” e “Adulterio all’italiana”. Il primo, diretto da Dino Risi, è ambientato a Napoli, e Manfredi interpreta Dudù, il capo di una banda di ladri. Tre americani, Jack, Maggie (la splendida Senta Berger) e Frank, arrivano per cercare di rubare il Tesoro di San Gennaro e, su consiglio di don Vincenzo (impersonato da Totò), si rivolgono proprio a Dudù e ai suoi. Ma quello che sembra un colpo possibile si trasformerà presto in una serie di eventi imprevedibili. Un film divertente e con un ritmo eccezionale, dall’inizio alla fine. Altra commedia da ricordare è “Adulterio all’italiana”, diretto da Pasquale Festa Campanile, nel quale Manfredi duetta perfettamente con Catherine Spaak. Marta, moglie bellissima e fedele di Franco, scopre il tradimento del marito e gli promette di rendergli la pariglia. Ma in realtà Marta darà solo l’inizio a un gioco di indizi disseminati e equivoci che faranno ammattire il malcapitato Franco. Entrambe le pellicole hanno come accompagnamento la colonna sonora brillante di Armando Trovajoli.
Un attore, una storia: Nino Manfredi, la seconda parte

Nel 1967 Manfredi è protagonista ne “Il padre di famiglia” di Nanni Loy, con Leslie Caron, Claudine Auger, Ugo Tognazzi. Un film molto importante, scritto da Loy e Ruggero Maccari, un ritratto della società tra l’immediato dopo guerra e i primi anni ’60, che pone una riflessione sulla vita di coppia e su cosa volesse dire fare delle rinunce (o non farle) per la famiglia. Nel 1968, insieme a “Italian Secret Service” di Luigi Comencini, ecco altre due commedie storiche del cinema italiano: “Straziami ma di baci saziami” di Dino Risi e “Riusciranno i nostri eroi a ritrovare il loro amico misteriosamente scomparso in Africa?” di Ettore Scola.

“Straziami ma di baci saziami” è un film dai tempi comici difficilmente ritrovabili in altre pellicole. Diretto da Dino Risi, scritto da Age & Scarpelli, Nino Manfredi è Marino Balestrini, barbiere ciociaro che si innamora della marchigiana Marisa Di Giovanni, seguendola fino al paese di lei e iniziando così una tenera storia d’amore. Dopo varie vicissitudini, e un grosso equivoco, Marisa abbandona Marino fuggendo a Roma dove sposerà il sarto sordomuto Umberto Ciceri. Marino, dopo numerose avventure, riuscirà a fare pace con Marisa riconquistando il suo amore: ma adesso il ‘problema’ è il povero Umberto… La commedia popolare, due protagonisti che vivono il loro amore come in un fotoromanzo, battute perfette e irresistibili(soprattutto in dialetto tra il ciociaro e il marchigiano), e duetti geniali tra Manfredi e Ugo Tognazzi: gli ingredienti per fare di questo film una commedia unica nel suo genere ci sono tutti.

Un attore, una storia: Nino Manfredi, la seconda parte


“Riusciranno i nostri eroi…” , diretto da Ettore Scola e scritto dal regista assieme sempre ad Age & Scarpelli, è poi una delle commedie più argute del nostro cinema. Protagonista è Alberto Sordi nel ruolo dell’editore Fausto Di Salvio che, insieme al suo ragioniere Palmarini (interpretato da un fantastico Bernard Blier), deve andare fino in Angola a recuperare il cognato Oreste (Manfredi) del quale da oltre tre anni si sono perse le tracce. Un film sui generis, una commedia oltre che divertente del tutto particolare per come si sviluppa e per il finale imprevedibile. Oltre alle meravigliose riprese in esterna, da notare come sia forte la satira verso un tipo di società benestante e annoiata di fine anni ’60 che proprio Oreste, il personaggio del nostro Nino, rifiuta andando via per condurre una vita primitiva (o quasi).
Dopo il film a episodi molto particolare “Vedo nudo”, diretto da Dino Risi, nel quale Manfredi è protagonista di piccole storie che hanno come tema il sesso e dintorni, il 1969 è da ricordare soprattutto per “Nell’Anno del Signore” di Luigi Magni.

Nella Roma dello Stato Pontificio nel 1825 il disagio del popolo verso l’oppressione del clero e degli eserciti mercenari che proteggono il Papa è sempre più crescente. Il calzolaio Cornacchia (Manfredi) convive con l’ebrea Giuditta (Claudia Cardinale) che per la verità non ricambia l’affetto dell’uomo ma anzi ama segretamente il dottor Leonida Montanari (Robert Hossein). Il quale però è un membro dei “carbonari” e, insieme al giovane Angelo Targhini (Renaud Verley), viene catturato dopo un tentato omicidio. Cornacchia cercherà, più che altro per accontentare le richieste della bella Giuditta, di salvare i due, ma inutilmente. In realtà, il calzolaio Cornacchia ha fatto e fa molto per la libertà: egli è infatti Pasquino, la voce satirica che prende a sberleffi i potenti e provoca il Papato, scrivendo sui muri della Roma notturna.

Un attore, una storia: Nino Manfredi, la seconda parte

Nel cast del film anche Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Enrico Maria Salerno e altri attori per un ritratto di Roma realizzato dal maestro Luigi Magni. Manfredi è l’anima popolare che si ribella, con uno stile sottile e geniale, nascosta dietro il buon Cornacchia. A far da cornice la colonna sonora splendida di Armando Trovajoli, tra cui il “Tema per Giuditta”. Tra le interpretazioni più importanti del nostro Nino, che gli valgono David di Donatello e Nastro d’Argento.
Tra il 1970 e il 1971 Manfredi prende parte a un episodio di “Contestazione generale” di Luigi Zampa, a “Rosolino Paternò soldato” di Nanni Loy, “Roma bene” di Carlo Lizzani, “La Betìa ovvero in amore, per ogni gaudenza, ci vuole sofferenza” di Gianfranco De Bosio e “Trastevere” di Fausto Tozzi.
Ma nel 1971 arriva anche il suo secondo lavoro alla regia, il capolavoro “Per grazia ricevuta”.

Benedetto Parisi (Manfredi) è cresciuto con la disinibita zia in un paesino della Ciociaria ed è sopravvissuto a una caduta in un dirupo il giorno della Prima Comunione. Attribuite al fatto le qualità del miracolo, per intercessione di Sant’Eusebio, almeno secondo la credenza popolare e religiosa del luogo, Benedetto viene affidato a un convento di frati, in attesa della “vocazione”. Che però, dopo oltre quindici anni, non è ancora arrivata. Per Benedetto è il momento di lasciare il convento, dopo una notte di delirio, e affrontare il Mondo esterno. Ma non sarà affatto facile: dopo alcune esperienze sfortunate, l’arrivo in una cittadina sarà per Benedetto una salvezza, anche grazie all’incontro con un farmacista ateo, Oreste (Lionel Stander) e la figlia Giovanna (Delia Boccardo), che amerà, teneramente, Benedetto.

Da un’idea di Nino Manfredi, scritto insieme a Luigi Magni, Leonardo Benvenuti e Piero De Bernardi, è il film rivelazione al Festival di Cannes del 1971(miglior opera prima) e il maggior successo al botteghino di quell’anno. Un capolavoro che parla di temi scomodi per l’Italia di quel tempo con coraggio, ironia e delicatezza. La religione e la fede utilizzati per “spaventare”, un Dio che osserva e punisce il peccato, soprattutto quello sessuale: con questa mentalità cresce Benedetto così da trovarsi solo, in mezzo al Mondo, una volta superata la fase della vita in convento dopo che il “segno” di Sant’Eusebio, al quale era stato affidato, non era arrivato. Benedetto è confuso, non sa come vivere, finché l’incontro con Oreste, un farmacista ateo, non gli apre la mente. Benedetto può così porsi il dubbio sull’esistenza di Dio ma soprattutto capire cosa significhi la Fede. Oreste è per lui una guida, che lo tira fuori dai tabù coi quali era cresciuto, e anche con l’amore sincero di Giovanna, figlia di Oreste. Ma per Benedetto ci sarà un’ultima prova da superare. Prova da regista e attore eccezionale per Nino Manfredi, che lascia aperti tutti i punti di vista rispetto all’argomento trattato e afferma ancora una volta le sue capacità di autore. A completare questo splendido film la colonna sonora toccante e sublime dei fratelli Guido e Maurizio De Angelis. Nel cast anche Mariangela Melato, Paola Borboni, Tano Cimarosa, Fausto Tozzi e Mario Scaccia.

Nel 1972 arriva un altro ruolo importante, quello di Geppetto ne “Le avventure di Pinocchio” di Luigi Comencini, sceneggiato per la RAI in cinque puntate e tra i più importanti della storia della tv. Un’opera emozionante, poesia pura tratta dal racconto di Carlo Collodi. Manfredi è un Geppetto pieno di umanità, un padre premuroso che deve occuparsi di quel ciocco di legno fatto bambino quale Pinocchio, interpretato da Andrea Balestri. Gina Lollobrigida è la splendida Fata, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia sono il Gatto e la Volpe, poi ecco Vittorio De Sica, ancora Lionel Stander e tantissimi altri attori.

Proprio Vittorio De Sica dirige Manfredi in “Lo chiameremo Andrea”, protagonista insieme a Mariangela Melato, un film molto particolare sulle difficoltà di una coppia ad avere un figlio; quindi prende parte a ”Girolimoni, il mostro di Roma” di Damiano Damiani e nel 1973 a “Pane e Cioccolata” di Franco Brusati.
Proprio quest’ultimo, scritto da Brusati e Jaja Fiastri, con la collaborazione di Nino, è uno dei film più significativi degli anni ’70. Racconta la storia di Giovanni Garofoli, emigrato in Svizzera che per varie vicissitudini sfortunate si trova a dover lottare per trovare un lavoro e un futuro. Un ruolo molto importante e di grande attualità ancora oggi. Famosa la scena nella quale durante una partita della Nazionale italiana di calcio, all’interno di un bar Giovanni esplode in urlo di gioia dopo un gol degli azzurri, in uno scatto d’orgoglio.

Nella terza parte del nostro racconto della carriera di Nino Manfredi partiremo dal capolavoro di Ettore Scola, “C’eravamo tanto amati”, del 1974 per proseguire fino alle ultime opere di Nino per il cinema e non solo.


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