Il primo paragone che mi è venuto il mente è il tassista, ma le corse raramente superano i venti minuti ‘ora e quindi non si supera mai il limite naturale della chiacchiera inconcludente oppure apodittica. Invece il barbiere è un ottimo paragone: si arriva anche sopportare un’ora di streaming pilifero sotto le forbici mentre il coiffeur affronta erraticamente e ripetitivamente i più disparati argomenti. Ed è esattamente lo spettacolo al quale abbiamo assistito con lo streaming tra il M5S e Renzi: una sorta di monologo deprimente del premier nel quale ogni seria argomentazione o analisi della situazione è stata lasciata da parte per lasciare spazio alle formulette, alle parole d’ordine, al detto e ridetto e mai indagato a fondo, nonostante esista una vera e propria scienza elettorale che dice cose molto diverse dalla vulgata che viene diffusa da decenni.
L’eloquio non è stato quello gridato e sciamanico di Grillo della volta precedente, non è nemmeno apparso quello di una forte personalità che spiega e asserisce le proprie convinzioni, ma quello tipico del prepotente che vuol fare il simpatico, del coniglietto mannaro che non lascia parlare gli altri o ne ignora completamente le parole perché ha poco da dire oltre agli interessi di bottega. La sostanza è che Renzi non ci pensa nemmeno a confrontarsi davvero sull’Italicum o sul nuovo Senato schifezza, qualunque sia il merito o il demerito del democratellum dei Cinque stelle e anzi ha partecipato a sorpresa allo streaming proprio per evitare che i suoi silenti collaboratori fossero indotti proprio ad aprire un dibattito vero e per simulare un interesse che non c’è essendo già tutto concordato col Cavaliere.
Naturalmente gli argomenti di Renzi sono quelli di un sistema politico in cerca di tutela di se stesso e quindi le ragioni del premier risultano ambigue e superficiali: cosa c’entra per esempio la governabilità – intesa come espressione numerica di maggioranza parlamentari -con la possibilità che i cittadini eleggano i propri rappresentanti senza doversi fare star bene quelli scelti dal partito? Se c’entra qualcosa è un qualcosa che non si può dire. Perché gli stessi elettori che Renzi vezzeggia dicendo che “sono più intelligenti di noi” dovrebbero farsi spaventare da leggi elettorali “troppo difficili”? Cosa c’entra un sistema elettorale come l’Italicum che ancora più del porcellum è costruito attorno ad una idea di bipolarismo, che il giorno dopo le elezioni si deve sapere chi ha vinto coem se vi fossero cento partiti? Cosa significa? Sono decenni che sappiamo chi ha vinto, ma non abbiamo la minima idea di cosa voglia fare il vincitore proprio perché ci si trova di fronte a cartelli elettorali con le più disparate tendenze e zeppe di clientes e di arrembatori che rendono impossibile o deviante la governabilità concreta. Certo lo scopo apparentemente lo si ottiene, ma attraverso un furto di democrazia e di trasparenza che alla fine si rivela un pessimo, un disastroso affare.
Il fatto è che la ricerca della governabilità in sé, purchessia, è un finto problema che del resto lo stesso porcellum non è stato in grado di risolvere, visto che in otto anni abbiamo avuto 5 governi di cui tre di nomina presidenziale e di larghe intese. Senza che nemmeno una delle difficoltà reali del Paese sia stata alleviata o contenuta, anzi col risultato di aumentare la febbre del declino, lasciando che tesi ormai giunte alla stadio muffa vengano rifilate agli italiani. Il vero problema del Paese è invece la buona governabilità che nasce intanto da una scelta più accurata dei rappresentanti attualmente solo nominati, completamente scollegati rispetto all’elettorato e dunque fedeli solo alle convenienze della loro cadrega oltreché dal ripristino delle culture politiche che sono state gettate alle ortiche. Dei malgoverni muscolari ne abbiamo avuti troppi. Il buon governo non è nemmeno necessariamente connesso a forti maggioranze parlamentari, ma al fatto che queste maggioranze siano legate a doppio filo al rapporto con l’elettore che in ultima analisi significa alle aspirazioni e ai problemi concreti, al senso della cittadinanza.
Le maggioranze esclusivamente numeriche e posticce sono destinate a fallire come è del tutto evidente anche in quei Paesi dove il bipolarismo è tradizionale i quali si rivelano sempre più lontani della democrazia reale, sempre più guidati dalle lobby, sempre meno capaci di esprimere, ma anche di orientare la volontà popolare. Però diciamolo, chi vuole un buon governo in Italia? Non certo la cara Europa che non ha altro scopo se non quello di tenerci dentro il recinto della cattività finanziario tedesca e men che meno un ceto politico senza idee che vuole solo sopravvivere nel pantano che ha creato. Non la classe dirigente collegata ad essa tramite affari e prebende e nemmeno la vasta platea di persone convinte che bastonando gli “altri” sarà possibile mantenere piccoli privilegi o aree di immunità, senza avere la minima percezione che alla fine il bastone si abbatterà su di loro. E fanno di sì al barbiere che li sta servendo di barba e capelli.