“Non si conosce mai la storia prima che sia scritta” diceva Duras, e come darle dorto? Scrivere così è da ignoranti, ignoranti della storia che stiamo raccontando, come si fa?
Come te lo dico, che mi prudono le dita, tanta è la voglia di toccarti quando mi è proibito?
Che se chiudo gli occhi mi sei addosso, bello come sei quando mi guardi e pensi, questa è tutta matta? Come te lo dico che mi mancano le tue scale e il tuo odore, che volerti mi pare così puro che non capisco davvero come potrebbe essere altro che benedetto l’averti?
Come lo dico che mi mozzi il fiato, tu che non mangi bachi e non allevi farfalle nello stomaco, potrai mai capirmi, potresti immaginare quanto è forte l’immagine, chissà poi perché quella, della tua figura all’angolo di una strada di cui non saprò mai il nome, il tuo cappotto troppo leggero con quel freddo che lucidava l’asfalto e la tua risata che ti ripuliva da ogni peccato e le tue dita, gelate per una volta anche loro, intrecciate alle mie?
Che se non avessi fatto voto di non romanticismo con te ti avrei già mandato in zona rossa l’indice glicemico, da vergognarmene, che canticchio da sola canzoni di zucchero filato rosa appiccicoso fragoloso con tanto di organetto e scimmietta con il cappellino?
Che più fai smorfie dicendo la parola amore, che più ti dichiari impenitente, più diventano verdi i tuoi occhi da temporale, più ci credo che sei davvero quello che dici, più vorrei essere quello che hai, più vorrei che tu fossi esattamente quello che ho? Senza fronzoli e senza sconti, senza bugie e senza dubbi, quello che è, quello che sei, quella che sono.
Tu che l’avresti messa al rogo la povera Emily mi fai pensare stasera alla pazza Caterina che grida:
Io sono Heathcliff! Lui è sempre sempre, sempre nella mia mente: non come una gioia, non più di quanto io lo sia per me stessa
Ecco. Ridi adesso, stronzo.