Un bellissimo teorema

Creato il 26 maggio 2015 da Extrabyte

Per ricordare il matematico (e premio Nobel) John Nash, riportiamo un brano tratto dal best seller Storia di John Nash, matematico e folle.

Per quanto oggi possa sembrare strano, la dissertazione di dottorato che un giorno avrebbe fatto vincere un Nobel a Nash non ricevette una considerazione sufficiente per assicurargli un'offerta da un dipartimento matematico prestigioso. La teoria dei giochi non ispirava molto interesse fra l'elite matematica, nonostante il prestigio di cui godeva von Neumann. In effetti i suoi mentori al Carnegie e a Princeton provavano un vago senso di delusione nei confronti di NAsh; si sarebbero aspettati che il giovane che aveva dimostrato i teoremi di Brouwer e Gauss affrontasse un problema davvero profondo in un campo astratto come la topologia.

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Avendo evitato con successo la minaccia dell'arruoalmento, Nash cominciò a lavorare a un saggio che, sperava, gli avrebbe fatto conquistare il riconoscimento di essere un matematico puro. Il problema riguardava gli oggetti chiamati varietà, che avevano una grande importanza per la matematica di quel tempo. Le varietà rappresentavano un nuovo modo di guardare il mondo, tanto che persino la loro definizione talvolta metteva in difficoltà qualche eminente matematico. A Princeton, Salomon Bochner, che era uno dei migliori esperti di analisi del tempo e un ottimo docente, di solito entrava in una delle sue classi di studenti di dottorato, cominciava a dare una definizione di varietà, si impantanava irrimediabilmente, e infine rinunciava, dicendo che un'espressione esasperata, prima di proseguire la lezione, «Bè, tutto voi sapete cos'è una varietà».

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Con l'incoraggiamento di Steenrod, Nash tenne unua breve conferenza su un suo teorema relativo alle varietà al Congresso internazione di matematica di Cambridge, nel settembre 1950. A giudicare dal sunto pubblicto, tuttavia, a Nash mancavano ancora alcuni elmenti essenziali della dimostrazione. Nash progettava di completarla a Princeton. Sfortunatamente per Nash, Steenrod era in licenza in Francia. Lefschetz, che senza dubbio stava facendo pressione perchè Nash completasse il saggio prima che si aprisse l'annuale mercato del lavoro a febbraio, spinse Nash a rivolgersi a Donald Spencer, il professore in visita da Stanford che aveva fatto parte della commissione degli esami generali di Nash e che era appena passato da Stanford a Princeton, e di chiederne l'assistenza per completare il proprio studio.
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Uomo vivace, volubile, Spencer alle volte indimidiva con la sua energia sconsiderata. Il suo appetito di problemi difficili era senza limiti, il suo potere di concentrazione impressionante. Poteva bere enormi quantità di alcol - cinque Martini in bicchieri a coppa - e continuare a tenere conversazione con altri matematici. Dietro questa esuberanza naturale si nascondeva una più ombrosa tendenza alla depressione e all'introspezione, e il suo desiderio d'astrazione era accompagnato da una straordinaria empatia per i colleghi in difficoltà.
Tuttavia Spencer non aveva una grande simpatia per gli schiocchi. La prima bozza del saggio di Nash non lo lasciò troppo fiducioso sul fatto che quel giovane matematico fosse all'altezza del compito che si era scelto. «Non capivo che cosa stesse facendo, in realtà. Ma pensavo che non sarebbe arrivato da nessuna parte». Tuttavia, per mese Nash si presentò all'ufficio di Spencer una o due volte alla settimana. Ogni volta parlava con Spencer del suo problema per un'ora o due. Nash stava alla laagna, scrivendo equazioni ed esponendo i suoi punti. Spencer sedeva e ascolatava e quindi aggiustava i buche nelle argomentazioni di Nash.

Lo scetticismo iniziale di Spencer lasciò lentamente spazio al rispetto. Era impressionato dal modo calmo e professionale in cui Nash rispondeva alle sue provocazioni più offensive e alle sue obiezioni più pignole. «Non stava sulla difensiva. Era assorbito dal suo lavoro. Rispondeva con ponderazione.» Nash gli piaceva anche perchè non era una un piagnone. Non parlava mai di sè, ricorda Spencer. «A differenza di altri studenti che si sentivano poco stimati, Nash non si lamentava mai.» Più ascoltava Nash, inoltre, più Spencer apprezzava la sua originalità del problema. «Non era un problema che qualcuno aveva dato a Nash. la gente non dava problemi a Nash. Lui era estremamente originale. Nessun altro avrebbe potuto pensare a questo problema.»


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