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Un Berlusconi. Ben cotto, per favore!

Creato il 16 novembre 2011 da Mapo
Lo so, sono pedante. Ma a volte alcuni libri, come si suol dire (espressione che, di per sé, già "si suol dire"), mi prendono particolarmente.Questo, poi, ha il merito di essere (quasi) attuale. Sfido chiunque a non ricordare almeno una discussione, sia origliata con finta noncuranza che intrattenuta con viva impazienza, al bar, a tavola o sul divano davanti ai TG, in cui non cominciasse la solita, vecchia tiritera sul Cavaliere. In tutte le sue salse. Gusti principali?
- Berlusconi e i suoi processi (per i giustizionalisti!)- Berlusconi e il conflitto di interesse (per i paladini della trasparenza!)- Berlusconi e le veline del Bunga Bunga (per i puritani!)- Berlusconi e la mafia (per i fan di Gomorra!)- Berlusconi e l'impoverimento intellettuale dell'Italia (per palati fini!)- Berlusconi e l'impoverimento materiale dell'Italia (per tutti!)- Berlusconi e i comunisti (per i nostalgici!)- Berlusconi e la P2 (per i complottisti!)- Berlusconi e la casa in Sardegna con i cactus (per i botanici!)- Berlusconi e il baciamano a Gheddafi (per gli zoofili!)- Berlusconi e la bandana (per i modaioli!)- Berlusconi e il legittimo impedimento (per i malfidenti!)
Un Berlusconi. Ben cotto, per favore!Si potrebbe andare avanti all'infinito. Ce n'è, come si suol dire (espressione che, di per sé, già "si suol dire"), davvero per tutti i gusti. Da servirsi freddo o caldo, a piacimento. Sia in famiglia la domenica che nelle serate milanesi durante l'happy hour. Accompagnare ad una congrua gradazione alcolica, per rendere decisamente più pepata la discussione.Avvertenza: di questi ultimi tempi il prodotto potrebbe avere uno strano retrogusto, come qualcosa che stia per andare a male. Come un vino che sa di tappo. Come una pianta che cominci ad ingiallire. Come un gatto che invecchi e respiri a fatica. Come il primo giorno di pensione. Come quando il telefono non tiene quasi più la carica. Come quanto la padella perda la sua patina antiaderente. Come una macchina che fatichi a ripartire. Come una clessidra che stia per lanciare gli ultimi granelli di sabbia, senza che nessuno sia disposto a girarla per l'ennesima volta.Come si suol dire.
"Per un attimo, ho riconsiderato come da fuori, da lontano, la mia visione storico-politica deifatti italiani successivi al 1993. Sembrava, in effetti, una favola per bambini. Oppure un fumetto.C’era una volta un pezzo di legno, e questo potevo essere io.C’era un omino di burro, e questo poteva essere Berlusconi.E c’era il Paese dei Balocchi, da qualche parte.Poi, mi mettevo a pensare.Nato alle battute finali del governo Fanfani V, a ridosso del governo Craxi I, ho passato l’infanzia sotto i governi Craxi II, Fanfani VI, Goria, De Mita, Andreotti VI, Andreotti VII. Ma questi, allora, per me erano soltanto nomi. Ero così preso dal mio essere bambino!Una volta portata a termine l’impresa, prossimo a scoprire primissimi peli sotto l’ombelico, alla fine di un governo tecnico affidato a Carlo Azeglio Ciampi, futuro presidente della Repubblica, compariva Berlusconi. Le facce verdi e tristi dei vecchi politici stavano nei telegiornali e nelle vignette di Forattini. Fine della Prima repubblica. Ma c’era appunto stata la Prima repubblica, e con lei i partiti, la Dc, le mazzette e le cose buone che già si dicevano nei libri. Bastava essere nati dieci anni dopo di me per non saperne più niente. Per essere ostaggio di un’idea di politica che coincideva perfettamente con l’esistenza al mondo di Silvio Berlusconi. Che insomma era quella cosa lì, e basta.Le cene cominciavano nel modo consueto, con il tintinnio delle posate, con un chiacchiericcio sottile e svagato. Oppure nel silenzio. Se il televisore era acceso, lui c’era. Appariva. Sorrideva. Si imbufaliva. Stringeva le mandibole, mostrando un’espressione nervosa e uno strano colorito terreo. Se il televisore era spento, sarebbe arrivato un istante in cui, senza rimedio, qualcosa o qualcuno avrebbe evocato la sua presenza. Anche solo per una battuta, senza indignazione: una stupidissima battuta stanca e svogliata.Era il capo e la coda di ogni discorso, l’infinita colla che teneva insieme le nostre parole. “Zia, te lo dice uno che non ha mai votato per lui!”“Nonno, non è così, io non dico che è tutta colpa di Berlusconi, ma...”“Sentite, io non sono berlusconiano, sia chiaro, però certe cose bisogna pure che qualcuno le dica, una volta tanto.”“Io sarei contenta se morisse.”“Questo è troppo, adesso non esagerare.”Se ne parlava ai matrimoni e alle nozze d’argento, in spiaggia sotto l’ombrellone e alle cene fra ex compagni di classe. Avremmo scoperto di essere stati in quinta elementare con futuri coordinatori di un circolo di Forza Italia. Ci saremmo ritrovati una sera, a casa di uno di noi, ipnotizzati dai dibattiti televisivi condotti da Bruno Vespa. Cosa eravamo diventati? C’era stato un tempo in cui eravamo in grado di dividerci: ma erano sciocchi furori liceali. Usavamo termini presi in prestito da una storiografia già troppo invecchiata. Fascista (fascista-berlusconiano)! Comunista! Era stato, Berlusconi, un valido motivo per aggregarsi a un gruppo. Poi, non più.Poi, all’improvviso, erano sparite le differenze. O forse, non eravamo più in grado di riconoscerle. Vestiti allo stesso modo, cresciuti pressappoco allo stesso modo. A casa dei nonni, con il televisore acceso su Italia 1. Quanto potevano durare le convinzioni categoriche dell’adolescenza? Una volta dismessi giacconi, kefiah al collo, slip verde militare, cosa sarebbe rimasto?"Paolo di PaoloDove eravate tuttiPag. 76

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