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[Foto e testo della romantica fotoreporter Marta Facchini, nostra corrispondente da Parigi]
Appena usciti fuori dal pozzo della metro il respiro si fa affannoso, ma non per colpa degli ultimi scalini saliti con sforzo: è lo squarcio del cielo che ferisce gli occhi dopo l’ombra, sono i rumori frenetici della vita di superficie che fanno accelerare il battito.
Il primo incontro che apre a Parigi è proprio questo, il contrasto tra il buio delle viscere e la luce. Il giorno comincia appena in cima ai gradini, quando i suoni della città, i suoi odori, il caos dei marciapiedi tirano uno schiaffo in pieno volto. All’improvviso si è catturati dal flusso dei passanti, dalle vene aperte delle strade. Si diventa parte di un ritmo frenetico, di un movimento che prende velocità. Lasciato alle spalle il solipsismo della metro e il suo lento solfeggio, Parigi si fa conoscere nel suo continuo brulichio; è un blues veloce, un jazz che respira con la stessa cadenza dei passi dei suoi abitanti e che spinge all’interno di uno spartito ogni loro storia.
Mentre cammini per le sue strade, Parigi ti avvolge in un abbraccio di luce, di musica, di espressione.
[francia]
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