In questi giorni sono ricorsi i dieci anni dalla seconda invasione americana dell’Iraq. Invasione che ci ha fatto assistere ad un decennio di occupazione straniera del suolo iracheno. Ultimo exploit del poliziotto mondiale, l’ultima manifestazione palese dell’imperialismo a stelle e strisce, prima che la crisi finanziaria ne ridimensionasse budget e arroganza.
Durante questa occupazione siamo stati testimoni delle menzogne mondiali del presidente Bush e di Toni Blair, che partecipò attivamente alla preparazione del dossier che provava la presenza di armi di sterminio di massa nell’Iraq battista. Quelle menzogne hanno messo in imbarazzo persino la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica americana, mentre ripensa all’ex presidente, in diretta tv, ergersi a cavaliere senza macchia nella lotta planetaria al terrorismo.
L’ultima decade è stata un’altra vergogna per gli USA, la prova mondiale dell’illegalità praticata dal poliziotto mondiale e resterà, come un’altra macchia indelebile, nella storia di un grande paese fondato sui principi di libertà, democrazia ed autodeterminazione dei popoli.
A distanza di dieci anni stiamo assistendo, in Iraq, alla nascita di un nuovo stato, frutto di un accordo per la vittoria di una guerra illegale: il Kurdistan.
Quella curda, è l’epopea del più grande popolo senza territorio del pianeta. La storia di migliaia di persone con lo stesso background culturale costrette a dividersi tra Turchia, Iran, Armenia, Syria ed Iraq appunto, come conseguenza dei progetti coloniali degli architetti francesi ed inglesi di inizio 900.
Ma come si può affermare che stiamo per assistere alla nascita del centonovantasettesimo stato sulla carta geografica del mondo?
1° INDIZIO: BUROCRATICO
Ogni straniero che si voglia recare in Iraq necessita di un VISA, rilasciato dall’ambasciata irachena del proprio paese. Quando si ricerca sul web la modulistica necessaria, si scopre che, curiosamente, l’Iraq ha due tipi di VISA: uno che permette l’accesso alla parte meridionale del paese ed un altro, speciale, per l’accesso alla parte Nord: alla regione del Kurdistan, appunto. Questo VISA speciale, si acquisisce attraverso una speciale richiesta, da inoltrare alle autorità regionali curde, una volta atterrati agli aeroporti di Erbil o di Suleymania.
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2° INDIZIO: MILITARE
La regione del Kurdistan possiede un esercito differente da quello di Baghdad: un esercito curdo.
Nel mondo occidentale siamo abituati alle repubbliche federali, che concedono agli stati al loro interno indipendenza legislativa sulle più diverse materie, ma sempre sotto una comune forza armata che difenda il paese; il caso degli USA è emblematico.
3° INDIZIO: ECONOMICO
Il 27 Gennaio, il ministro iracheno dell’energia Abdu Kareem, ha reso pubblico l’ultimatum imposto alla Exxon Mobil, la più grande major internazionale energetica. L’azienda dovrà scegliere dove installare i propri impianti: nel Sud dell’Iraq o nel Kurdistan.
La multinazionale dell’energia, infatti, ha siglato due accordi differenti: uno con Baghdad, l’altro con le autorità curde del Nord, per lo sfruttamento degli immensi giacimenti petroliferi presenti nel sottosuolo mesopotamico.
Il comportamento speculativo della multinazionale, mostra quali siano i poteri politici e militari realmente esistenti nel paese, dato che i suoi tentacoli si aggrappano alle poltrone dei governanti reali del territorio.
Fonte: il sole 24 ore
4° INDIZIO: POLITICO
In Turchia un detenuto eccellente ha lanciato un nuovo messaggio durante queste settimane, radicalmente differente dal mantra ripetuto negli ultimi trent’anni: Abdullah Ocalan. Condannato all’ergastolo in Turchia, lo storico leader del PKK, partito dei lavoratori curdi, ultima fazione armata ad abbandonare le armi per ottenere un patrio suolo.
Lo zio Apo ha dichiarato, negli ultimi giorni, che il tempo delle armi è finito, inaugurando il tempo della politica e della democrazia.
Questa sconvolgente affermazione deve essere letta attraverso le lenti di una strenue guerriglia che imperversa sulle montagne a Sud-Est della Turchia da trent’anni coinvolgendo uomini, donne ed i loro figli, per l’ottenimento di un territorio per il proprio popolo.
Fonte: Repubblica.it
Com’è possibile che un capo carismatico e sempre attivo sul campo, nonostante sia imprigionato dal 1999 ad Istanbul, dimostri rispetto verso uno stato che ha da sempre combattuto e considerato oppressore, ovvero la Turchia?
Potrebbe essere una resa nei confronti del nemico, la Turchia, che ha sempre definito il popolo curdo, in tono dispregiativo, “Turchi di montagna”?
Decisamente no.
Il PKK non è un movimento che si possa far intimorire da eventi importanti, che mostrano l’ascesa della potenza turca. Il boom economico turco, i forti interessi politici americani a mantenere un solida partnership con la Turchia, contro l’Iran ed il conseguente ruolo turco nella NATO, testimoniato dal dispiegamento di missili Patriot atlantici al confine con la Syria, sono sotto gli occhi di tutti.
Il diktat del leader è conseguenza di una certezza: aldilà della frontiera turca è nato il paese che tutto il popolo curdo attendeva da tempo immemore: il Kurdistan appunto.
Un esempio di ciò che sta’ accadendo, almeno politicamente, in Iraq lo ha offerto di recente uno stato africano, il Sudan. Qui, con il benestare del poliziotto planetario, che ha fatto prevalere il principio di autodeterminazione dei popoli, la parte meridionale del paese si è separata dal corpo centrale, basando la propria economia sullo sfruttamento delle risorse energetiche, in particolare quelle petrolifere.
Ma perché si è dovuto attendere così a lungo per vedere un Kurdistan indipendente?
Perché gli USA non si sarebbero potuti permettere di aggravare la loro immagine. Occupando il territorio di uno stato sovrano, hanno mostrato al mondo la loro anima imperialista.
Mostrare palesemente di aver promesso lo smembramento dello stesso paese, in cambio di un’alleanza in una guerra falsamente giustificata, sarebbe stata un aggravante ancora peggiore, che avrebbe demolito persino la statua della libertà. Inoltre il risentimento avrebbe fatto aumentare il nazionalismo iracheno, peggiorando la già precaria sicurezza dei soldati alleati dispiegati sul campo, esponendoli ad attacchi di un unico fronte sciita e sunnita.
Ripensando a questi dieci anni di illegalità allora, non si può che riconsiderare l’occupazione americana dell’Iraq come un tranquillante per la popolazione irachena. Un tranquillante che, con la giustificazione di promuovere una democrazia che ancora oggi non esiste, ha, nei fatti, permesso il mantenimento degli accordi stipulati con i curdi nel 2003 e, parallelamente, condannato a morte migliaia di soldati americani. L’appoggio curdo da Nord, è stato infatti strategico per non lasciare vie di fuga percorribili a Saddam Hussein.
Dieci anni or sono infatti, i curdi, sottoscrivendo l’accordo con gli USA, sono stati riforniti di tecnologia bellica americana, ricevendo in cambio la promessa di un Kurdistan indipendente.
Ecco che nel 2013 assistiamo così ad un Iraq già realmente diviso, al Sud impantanato in uno scontro fratricida tra sciiti e sunniti a base di attentati e stragi, mentre nel Nord si sta’ lentamente riunendo il popolo curdo, che finalmente può disporre di ciò che più ambiva: un territorio per un Kurdistan indipendente.