Sabato 20 febbraio presso la sala S.Leonardo di Cannaregio a Venezia, il Veneto ha aperto il dibattito sul tema facendo confluire in un unico convegno diverse voci, tecniche e politiche, sul tema trivellazioni. L’argomento chiama in causa l’intera questione ambientale poiché dall’opera di trivellazione conseguono effetti negativi sull’intero ecosistema terra-mare, sul clima, incidendo fortemente sul global warming ma anche sulla tutela della biodiversità, della pesca e sicurezza del territorio. Gli interventi si sono susseguiti alternando visioni specifiche ma ponendo l’attenzione sul disagio creato a tutti i settori interessati dalla ricerca di idrocarburi ed energia fossile richiamando la COP21 e le politiche del low carbon. Il 25 settembre 2015 la Regione Veneto ha, difatti, votato all’unanimità i quesiti referendari sulle trivellazioni. Ciò che viene censurato dagli organi di informazione è raccontare che vige poco interesse e poca convenienza nel mantenere in piedi lo sfruttamento di energie fossili.
Andrea Boraschi, responsabile campagna energia e clima di Greenpeace Italia sottolinea alcuni dati: Il petrolio estratto in Italia non appartiene alla nazione ma alle compagnie petrolifere e il quantitativo di petrolio estratto andrebbe a coprire il consumo nazionale per sole 7/8 settimane, così come le riserve di gas per soli 6 mesi. Tuttavia, anche le royalties, i diritti di concessione, sono i più bassi del mondo, fissati al 7% rispetto a quello che si estrae. Anche il settore ittico è disturbato: le compagnie petrolifere hanno cercato di offrire qualche indennità a fronte di un ridimensionamento della pesca ma non si può accettare qualche migliaio di euro per dismettere la pesca, afferma Gianpaolo Buonfiglio, Presidente del coordinamento pesca – alleanza cooperative italiane. Esistono 13.000 imbarcazioni e famiglie intere vivono di quest’attività. Il prof. Fazzini, docente presso il dipartimento di Fisica e scienza della terra dell’Università di Ferrara, ha evidenziato i rischi connessi al clima e al surriscaldamento globale stabilendo che temperature sempre al di sopra delle medie si sono registrate sin dal 2005 e ha posto l’attenzione sul problema del permafrost e sulla sofferenza della criosfera.
Anche il Polesine e la zona del delta del Po riportano danni ed effetti della subsidenza che, sebbene dovuti anche a cause naturali ed antropiche, l’estrazione di metano ha contribuito al fenomeno provocando un abbassamento del territorio mediamente di due metri a partire dagli anni ‘80. Oggi i rischi idrogeologici sono sotto gli occhi di tutti e allarmano l’intera Regione del Veneto. La portavoce del M5S Silvia Benedetti, biologa e referente in Commissione agricoltura alla Camera dei Deputati, ha delineato la questione con un orientamento e piglio politico totalmente difforme rispetto al decisionismo governativo in carica che dà seguito alle determinazioni formulate dal già governo Monti. Pertanto, la questione ambientale viene riproposta nei suoi caratteri di assoluta priorità ed emergenza. “Il referendum è di tutti e tutte”, ha incalzato Roberta Radich. Il 17 aprile bisognerà votare sì al quesito referendario sulle trivelle per affermare il divieto entro le 12 miglia ma soprattutto, per riportare la scelta operata dal popolo nell’orientamento del valore simbolico della politica. E questo, è ciò che noi cittadine e cittadini ci auguriamo.
articolo pubblicatomi il 25 febbraio 2016 su http://www.articolo21.org/2016/02/un-buco-nellacqua-venezia-apripista-del-referendum-notriv-in-veneto/