© Mimmo Anteri: Pensiero blu (acrilico su tavola cm 100x100)
Liquida e lucida, sapida e rapida; e tutt’altro che furtiva gli scendeva la lacrima, sfiorandogli l’ala del naso, per poi buttarsi giù, a capofitto, verso il baratro.
Non riusciva a capire il perché di quell’insostenibile disagio: “Ma che cazzo vado cercando, in fondo?”, continuava a chiedersi, senza mai trovare una risposta degna, essere ottuso, intriso di grassa ignoranza.
Eppure, avvertiva un enorme buco nell’anima e allora capì di dover cercare un rifugio sicuro, magari riavvolgendosi a spirale, per tornare nella materna, protettiva posizione intrauterina.
Sentondosi al sicuro, cercò allora di leggersi dentro e finalmente si accorse che quel disagio gli derivava dalla consapevolezza di aver vissuto sempre schiavo della consuetudine, di aver conseguito sempre solo vittorie effimere e cercato il percorso più facile, aggirando sempre tutti gli ostacoli.
Lui, l’essere inquieto e ribelle per antonomasia, si era adeguato, alla fine, a quel modello di “anonima normalità” che aveva sempre contestato e contrastato; sì, proprio una sorta di conformista integrato, anche se aveva profuso tante energie in favore dei più deboli e lottato con tutte le sue forze contro lo spietato caterpillar della globalizzazione, ma con quali risultati, poi?
Non si era trattato, forse, di un semplice automatismo scattato al solo scopo di tacitare la coscienza o, peggio, di una mera esibizione narcisistica pervasa di “umana” ipocrisia?
Successi sul lavoro e nella vita? Oddio, stendiamoci sopra un velo pietoso! Solo vittorie effimere, durate lo spazio d’un mattino (o di una notte) e poi giù a ingoiare l’amaro (ma ormai familiare) sapore della sconfitta!
E le emozioni? Quelle vere le aveva provate solo al cospetto del sorriso e del pianto dei suoi splendidi bimbi. Poi, null’altro.
Mai un momento di vera esaltazione estatica, mai un istantaneo rossore, mai un improvviso palpito di cuore alla comparsa d’un’anima poetica: tutti i suoi sogni erano rimasti ormai schiacciati dal peso degli eventi quotidiani e cancellati dall’effimero piacere del fuoco di paglia d’un fugace incontro galeotto, senza luce, né calore.
E si stava lasciando morire d’inedia, senza più reagire, senza riuscire a trovare la forza di chiedere aiuto, al punto da perderne persino la voglia, richiudendosi su se stesso, fino a diventare refrattario a qualsiasi stimolo esterno; persino il tempo gli scorreva addosso come un ruscello sul selciato, dopo una pioggia battente.
E si distese sul greto di un fiume in secca aspettando la fine, con la poco piacevole compagnia di un avvoltoio tutt’altro che disinteressato. Ma l’inatteso arrivo di copiosissime piogge, figlie di temporali fuori stagione lo scaraventò da un luogo di lavoro a un altro come un anonimo pacco postale in un anonimo vagone di un anonimo treno merci, finché, un bel giorno, sollevando stancamente lo sguardo per la formale risposta ad un formale adempimento lavorativo, non avvertì il profumo di un tenero fiore di campo e la sua anima fu illuminata da un vivido raggio di sole e sentì rinascere, dentro di sé, la voglia di vivere e di sognare che aveva perduto da tempo.
E rimase stordito, come intimorito, fino a provare persino vergogna, per quella improvvisa riscoperta, certamente voluta dal Cielo e sentì vicine a sé, come fratelli e sorelle, tutte le creature della terra.
E si mise a pregare il Signore perché quella stupenda creatura non sparisse di colpo, come un tanto abbagliante, quanto illusorio ed evanescente miraggio e aspettò alla finestra tutti i giorni di vederla passare, ma senza mai farsi vedere, perché… “… altrimenti il mio Angelo se ne volerà via”…
Ma un giorno riuscì a trovare il coraggio di leggerle i versi scritti per lei… e le protese una mano in attesa.
Per alcuni istanti di vera magia, le due mani divennero una sola… poi, nella sua restò solo un mucchio di sabbia o forse un pugno di mosche, ma nel cuore si trovò scolpito, e per sempre, non già una “giovanile emozione”, ma un profondo piacere dello spirito che si portò dietro per tutta la vita.