Avete mai pianificato un viaggio di visita parigino senza prevedere un sosta in un café? La mitologia urbana, estera e interna, li considera come dei luoghi ideali per delle pause di ogni tipo: d’affari, di studio, di conversazione tra amici, d’incontri d’amore. La cinematografia francese ed internazionale, insieme alla letteratura, ha contribuito alla creazione e alla consolidazione di uno dei simboli della città. Ma se dall’atmosfera del posto spostassimo l’attenzione sul caffè, inteso come bevanda, saremmo davvero tutti così affascinati? I parigini stessi si sono accorti da tempo che in una buona parte dei locali pubblici della capitale la qualità dei caffè lascia a desiderare. Un articolo di Le Monde dell’aprile 2013 puntava giustamente il dito sul declino della qualità del petit noir nei bar come negli altri esercizi pubblici della città e nello stesso tempo elogiava la rinascita delle nuove torrefazioni con luogo di consumo annesso.
Adagiato nella parte alta della città, in un quartiere poco frequentato dal turista medio (quello de La Chapelle a 2 passi da Montmartre, dove si mescolano popolazioni dalle provenienze più varie e dove sui marciapiedi si accatastano sin dal mattino sacchi di derrate alimentari esotiche), il Café Lomi occupa il pian terreno di un edificio moderno messogli a disposizione dal Comune di Parigi attraverso l’agenzia Paris Habitat che propone l’accesso a dei locali di proprietà pubblica a condizioni vantaggiose nel quadro della riqualificazione di alcuni quartieri della capitale francese. In questo luogo ampio e moderno il fondatore Aleaume Paturle (Lomi per gli amici), francese di 34 anni, e il socio Paul, australiano di 28 anni, hanno aperto un doppio spazio comprendente un bar e un locale per la torrefazione. In un arredamento concepito da Aleaume e dall’amico architetto Emmanuel Geffriand che mescola l’atmosfera industriale con un sentimento caloroso di accoglienza, questo locale è diventato un punto di riferimento non solo per gli abitanti del quartiere che cercano un luogo gradevole dove fare una pausa e leggere il giornale, ma anche per gli appassionati che arrivano nel 18° arrondissement per assaggiare gli ultimi blend dei bravissimi baristas. Il termine, italianissimo ma anglicizzato, indica nel mondo i sommeliers del caffè, che conoscono la materia in profondità dal punto di vista tecnico, le varietà e caratteristiche della Coffea (la pianta del caffè), le fasi del processo di trasformazione e gli utensili utili alla mescita della derrata più diffusa e scambiata al mondo dopo il petrolio.
Già dal mattino, orario che ho scelto per la visita, si respira un’aria di inizio energico e positivo della giornata. La gioiosa squadra in sala è capitanata da uno dei baristas, responsabile della scelta dei monorigine o dei blend da proporre alla clientela a seconda del suo umore e delle sue preferenze del giorno. La sorpresa, quindi, aspetta ogni avventore! Le macchine da estrazione sono di vario tipo, dalla Macchina da Espresso (rigorosamente italiana, prodotta dalla fiorentina Marzocco) a quella a filtro per grossi volumi o anche più piccoli, passando per quelle a pistone o a sifone. Per tutte vale la legge fondamentale per un caffè di grande qualità: i chicchi di caffè sono macinati all’istante per conservare al massimo le proprietà organolettiche, l’aroma e difendersi dal processo di ossidazione.
Così, mentre si assaggia ad esempio un buon Bordeaux (dalle note di cioccolato) o un Bourgogne (più fruttato) – i nomi sono inventati dalla Maison e fanno riferimento in parte al mondo del vino – Alexia o Benjamin si occupano del menù dei cibi, dolci o salati, che accompagnano la colazione o tutta la giornata, anche la formula del brunch proposta da poco. La sala, nel frattempo, si riempie di profumo di caffè, il personale lavora sorridente e appassionato, i clienti studiano, lavorano al computer, leggono, parlano o, semplicemente, si svegliano. Ma possono anche scegliere tra i vari prodotti da acquistare ed esposti vicino al bancone: caffè appena torrefatto, macchine da estrazione o un’ originale birra al caffè frutto del laboratorio di creazione e della collaborazione con un birrificio vicino.
Nel locale adiacente, separato da una semplice vetrata e riempito di sacchi di juta, si trovano invece l’ufficio amministrativo e la torrefazione propriamente detta. Paul, miglior torrefattore di Francia nel 2011, segue con attenzione di naso e occhi e anche grazie all’aiuto del computer le curve della temperatura e della velocità della macchina torrefattrice per ottenere dopo vari test un prodotto equilibrato che sarà poi venduto nella parte bar e soprattutto ai clienti professionisti, che vengono al Lomi per seguire delle formazioni approfondite e scegliere con lui i caffè più adatti a loro. In cantina ci sono a disposizione i cru provenienti da tutta la coffee belt, la zona di produzione del caffè compresa tra il Tropico del Cancro e quello del Capricorno.Ma attenzione: venire al Lomi può rivelarsi un’esperienza multipla, non solo per bere e mangiare bene, anche per imparare cosa si nasconde dietro uno dei gesti più comuni della giornata come quello di bere una tazzina di caffè. Il laboratorio organizza ateliers anche per i semplici clienti e promette un viaggio aromatico intenso, come un buon caffè.
Domenico Biscardi
Tutte le immagini sono tratte dal sito internet del Café Lomi