A tazzullella e caffè al bar mantiene nell’iconografia nostrana quell’alone di sacro e profano, a cui pochi rinunciano. L’evento si consuma a iosa dalle prime luci dell’alba con intercalare costanti, in solitaria o in compagnia, per spezzare la monotonia o appagare il palato. Per non esagerare non vado oltre le tre consumazioni giornaliere, comprese quelle alla moka, e quando giungo al bancone in attesa di esser servito, osservo con ammirazione la varietà di richieste e la pazienza dei baristi sempre pronti ad assecondare le voglie di questo popolo così variegato e rompicoglioni allo stesso tempo…Ristretto, lungo, al vetro, schiumato, macchiato, macchiato freddo, macchiato caldo, corretto, tazza fredda, zuccherato, con cacao, decaffeinato, marocchino, brasiliano…In questo tourbillon di opzioni c’è anche la mia, per modalità di esecuzione il caffè è in tazza fredda e il cappuccio è tiepido senza cacao (vizioso?) …i pazienti operatori del bar hanno ormai identificato lo scassa ombrelli, al “grido” di un caffè per “Marco”, con quello strascico di accento che sottolinea…occhio stateve accort altrimenti l’amm rifà…si procede con il rito, mentre tutto termina in attesa dei dialoghi più fantasiosi. Questo spaccato di italica vita prende in considerazione, un popolo pieno di fantasia e tradizioni che mal si sposa con la globalizzazione e standardizzazione, che fin dai piccoli dettagli vuole la giusta libertà di espressione, che davanti un bancone con modi a volte arroganti a volte gentili alterna le richieste per il piacere del consumo, perché pensa che il proprio caffè sia il migliore, perché vive nella contraddizione di gustarsi un bombolone alla crema e il caffè con il dolcificante, perché come al solito pensa al proprio orticello come all’unico punto di riferimento…e non si rende conto che i Bar sono il punto d’unione e la macinatura e tostatura di quel chicco di caffè è sempre la stessa…Pensa un po’ che mi frulla nel cervello con un semplice caffè!!!!
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