Franco Califano, 72 anni, povero e malato, chiede aiuto allo Stato e invoca la legge Bacchelli. «Sì, non me ne vergogno: il 15 luglio di quest'anno sono caduto dalle scale e mi sono rotto tre vertebre. Questo incidente ha fatto venir meno la mia unica consistente fonte di reddito, ovvero le serate. E mi ha messo in ginocchio».
Scusi, Califano, perché dice «unica fonte di reddito»? Lei è un autore affermato, non ci sono i diritti d'autore? «Mah, io non so bene come funzioni la Siae, so soltanto che prendo circa diecimila euro a semestre. Sempre diecimila, misteriosamente non aumentano né diminuiscono mai. Non ce la faccio. Oltre a tutto vivo in affitto. E in questo momento non sono più autosufficiente con tutto quello che la cosa comporta». E così lei non disdegnerebbe un aiuto da parte dello Stato? «Io non credevo che fosse possibile. Ma alcuni amici, come il mio medico curante e il senatore Domenico Gramazio del Pdl hanno preso a cuore il mio caso e mi hanno spiegato che esiste una legge, la cosiddetta legge Bacchelli, che prevede un sussidio mensile vitalizio per persone che abbiano dato lustro alla cultura italiana. Ne so poco, ma mi sembra di avere tutti i requisiti per beneficiarne.
La Bacchelli (legge n. 440 dell'8 agosto 1995) prevede l'assegnazione di un contributo straordinario vitalizio a quei cittadini che si sono distinti nel mondo della cultura, dell'arte, dello spettacolo e dello sport, ma che versano in situazioni di indigenza.Il senatore Domenico Gramazio conferma: «Presenterò al ministro Bondi la proposta nella quale chiedo di applicare a Califano la legge Bacchelli. Perché è un poeta che ha scritto alcune delle canzoni più belle della storia della musica leggera italiana e si trova in una situazione non florida».
Senatore, ma l'attuale reddito di Califano è superiore a quello di molte famiglie. Come pensa che la prenderanno i lavoratori e i cassintegrati? «Molte persone famose delle sport o dello spettacolo hanno realizzato miliardi e poi, per una serie di ragioni, si sono ritrovate in difficoltà. Ricchi che si sono mangiati tutto. No, non ho dubbi, io vado avanti. E poi è davvero sicuro che la gente la prenderà male? "Califfo" è un eroe popolare. Lo invitai a una festa in piazza Tuscolo a Roma e richiamò cinquemila persone. E poi, anche se la cosa non è rilevante, è sempre stato un uomo di destra in tempi non sospetti».
Califano, lei è un artista molto popolare. Ma è davvero sicuro di meritare questo beneficio? «Direi di sì. È vero, sono stato un artista di fama, ma ho avuto anche un sacco di guai. Sono finito in galera per tre anni e il pubblico quando sono uscito non mi ha abbandonato».
Belle donne, auto di lusso. Lei non è stato certamente una formica... «No, lo ammetto. Ora comunque sono con le spalle al muro. Quando le cose andavano bene non ho pensato a comprare una casa anche perché amavo cambiare spesso luogo: mi spostavo in continuazione fra alberghi, residence, città diverse. Ora, anche se me lo potessi permettere, non comprerei una casa. Per chi? Non ho figli, non ho eredi».
Franco Calfano negli anni '60
«Minuetto», «La musica è finita», «Tutto il resto è noia», «Un'estate fa» sono pezzi fondamentali della cultura musicale italiana. Come pensa che reagirebbe il comune cittadino se le venisse assegnata la pensione per artisti poveri? «Non lo so. Chi mi conosce davvero sa che sono sempre stato una brava persona. Non dimentichiamo che fui arrestato nel 1970 per possesso di stupefacenti, nella vicenda che coinvolse Walter Chiari, e rifinii in carcere nel 1983 per lo stesso motivo e pure per porto abusivo di armi, questa volta insieme a Enzo Tortora. In entrambi i processi sono stato assolto perché il fatto non sussiste. Forse lo Stato mi deve qualcosa».
Dopo una vita spericolata... Lei stesso, in una delle atobiografie confessa di aver avuto oltre mille amanti. «In effetti non ero uno che badava a spese. Quando usciva un nuovo modello di auto il primo veicolo disponibile era il mio. Per non parlare delle moto (passione che mi è passata quando è arrivato l'obbligo del casco). Quando avevo storie con attrici importanti abitavo all'Excelsior o al Grand Hotel. Avevo sempre come minimo tre macchine, una Mercedes, una Jaguar decappottabile e una Maserati o una Ferrari (con la quale ho avuto un pauroso incidente). Ma poi ho sempre aiutato tutti: amici veri e falsi».Tutto questo sembra però lontano. L'affitto non viene pagato da mesi, la linea telefonica fissa è staccata, la voce incerta, l'argomentare faticoso. E tutto il resto è noia.
Mario Luzzatto Fegiz