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All'origine c'era un tempo che gli aborigeni australiani chiamano Tempo del Sogno. Era un tempo in cui la Terra giaceva in uno stato che somigliava a quello dell'uomo tra veglia e sogno. In quel tempo scesero gli Spiriti sulla terra, Tjukurrpa. Mentre le potenti divinità erano in cammino lasciavano le loro impronte nei luoghi in cui passavano, perciò quei luoghi conservano il ricordo di chi li ha percorsi e su di loro si possono leggere delle storie. Gli dei cantavano per creare il mondo e riordinare l'universo con la Legge. Il canto impregnava la terra e l'altro mondo rispondeva a quel richiamo. Così gli dei riunirono tutti gli uomini, le terre, gli animali, gli spiriti degli antenati e le costellazioni. Il canto creatore ancor oggi crea, conserva e governa la terra con delle relazioni che infondono un senso a tutto ciò che esiste. Con il canto si conservano le tracce degli dei lungo le piste sacre. E, in quei tempi, si viaggiava nei deserti, sui fiumi e nelle enormi distese dei deserti seguendo le impronte che gli Spiriti lasciavano. Ogni luogo diceva se era adatto per camminare o per riposare meglio. Ma ancora oggi ogni cosa può parlare se conosci quel canto: questa è la Legge!A quei tempi si poteva vedere uno spirito che fischiava avanzando con il corpo tutto coperto di disegni che vediamo ancora oggi disegnati sulla roccia, sulla pelle e sugli scudi dei clan più antichi. Anticamente il Pitone Arcobaleno uscì dalle viscere della terra e la percorse per lungo e per largo. Poi quando fu stanco del suo vagare si addormentò tutto arrotolato. Sulla terra restano ancora le orme sinuose dei suoi vagabondaggi e resta anche l'impronta del suo corpo che giace addormentato. Il canto del Tempo del Sogno mantiene in vita il mondo perciò viene dipinto ancora oggi sulle rocce e sulla terra. Se quel canto tacesse ci sarebbe la scomparsa delle acque, degli animali e di tutto il resto, perciò chi lo farebbe tacere sarebbe il solo responsabile di questa immane sciagura. Gli uomini che vedono le Vie dei canti le seguono perché sanno che il Sogno è Tutto. Essi sanno che la Terra è una creatura viva che va mantenuta sempre in vita. Il canto del Sogno può cambiare nell'apparenza ma resta sempre lo stesso, perciò chi lo ascolta diventa Sogno: e così può tracciare una pista. Ci sono tante piste ma sono tutte vie parenti tra loro. Sono piste che seguono il corso del canto e sono vie che cantano. C'è il canto del Sogno della formica, il canto del Sogno del Pitone colorato, il canto del Sogno del Canguro e il canto del Sogno dell'emù. I canti del Sogno si possono annusare, si possono ascoltare, danzare e si possono narrare. Infatti ci sono le cose che si raccontano, altre cose che si cantano, e poi ci sono altre cose che si danzano. I canti sacri creano e proteggono i luoghi della terra perché sono potenti, ma sono anche così intimi e penetranti che si può restare scossi in modo traumatico. Non tutti i canti del Sogno possono essere ascoltati, perché i serpenti mitici possono trasformare un uomo in un fiume o in una terra. Ma ci sono anche delle storie del Sogno che possono essere raccontate senza problemi. In una storia aborigena si narra di un capo-clan che non pensava che a fare tjiki-tjiki. Il problema era che il capo-clan amava le donne, che non è poi un problema, se non fosse che lui le amava tutte. Amava le donne più della caccia all’emù, più della corsa del canguro, più della pesca sul fiume e molto più del piacere di fare due chiacchiere tra amici. Ne aveva conosciute tante quante le stelle e tutte disponibili a favorirlo, perciò poteva trovare ogni notte una nuova amante. Il capo-clan ragionava come un uomo che è stato colpito alla testa da un boomerang e che è stato lesionato dal trauma. Ragionava nel modo strano che non voleva la stessa donna per due notti di seguito. Lui se ne fregava della Legge aborigena e pensava solo a divertirsi. Una mattina si svegliò con una donna e si accorse, costernato, che le sue noci di uomo erano sparite. Durante la notte le noci si erano stancate della vita frenetica a cui le costringeva perciò erano fuggite mettendosi a correre veloci lungo la pista del deserto. Il capo era furioso e scacciò la sua amante in malo modo perché doveva mettersi subito in viaggio per trovare le tracce dei gioielli di famiglia. Sentì riemergere l'indole del nomade cacciatore e iniziò a cercare tra le rocce, gli arbusti e lungo le sponde del fiume. Doveva trovare una traccia, perché le due fuggitive avevano già una notte di vantaggio. Lui sapeva per esperienza che erano veramente due lavoratrici instancabili, perciò iniziò a correre a perdifiato lungo la pista del deserto quando trovò la scia della loro corsa. Infatti le due noci correvano veloci verso il nord finché giunsero vicino alla caverna dove il Pitone Arcobaleno s'infila nelle viscere della terra per deporre gli spiriti dell'acqua e chiamare la pioggia. Le noci non erano esperte di Legge aborigena e non sapevano che il Pitone Arcobaleno aveva un'indole molto irascibile perciò rotolarono imprudentemente dentro la sua grotta. Ma, va saputo che, da quando le figlie maggiori del Pitone gli avevano inquinato, per fargli dispetto, la sua pozza di acqua, il Pitone Arcobaleno aveva preso la prudente abitudine di sbarazzarsi degli intrusi sconosciuti. Infatti quel giorno il Pitone fece proprio in questo modo, e quando sentì avvicinarsi il rotolare delle due noci prima aprì un occhio per sbirciare e poi le inghiottì in un sol boccone. Il Pitone tornò a schiacciare il suo pisolino, ma al risveglio sentì che non aveva digerito. Siccome aveva un peso sullo stomaco andò verso l’ingresso della caverna e vomitò le noci che tornarono alla luce trasformate in pietra. Il capo era arrivato sul posto giusto in tempo per vedere la lunga coda del serpente variegato sparire nella caverna. Il capo guardò a terra e vide due sfere di pietra in cui gli parve di ravvisare le sue noci. Quando le ebbe guardate e soppesate fu certo che fossero le sue noci sebbene diverse. Le pietre erano uguali alle sue noci come due gocce d'acqua, ma erano due pietre pesanti che non sapeva come rimettere. Non sapendo cosa fare le mise nella borsa di canguro che portava a tracolla e tornò al suo villaggio. Quando fu tornato andò dallo stregone sciamano a chiedere aiuto. Il saggio le esaminò con attenzione, le soppesò, le rigirò da ogni parte, le annusò, e infine confermò la loro origine dopo aver parlato a voce bassa con le due pietre. Dopo quel misterioso consulto lo sciamano gli consegnò le pietre e gli disse: "Le puoi rimettere a posto senza problemi. All'inizio ti sembreranno pesanti, ma poi ti abituerai. Però vedrai che saranno strane rispetto al passato, perché adesso sono più vicine al mondo del Sogno di quanto tu possa essere.” Il capo restò perplesso per quel discorso e ringraziò lo sciamano poi andò a rimettere le noci al loro posto. Nei giorni seguenti fu tutto come lo sciamano aveva avvertito. I primi giorni furono un po' fastidiosi ma poi tutto sembrò tornato normale. E siccome era già da un bel po’ di tempo che non si dedicava al suo sport preferito, il capo sentì che quel passatempo gli mancava molto. Era da molto tempo che non conosceva una bella forestiera che veniva a vendere e comprare nel mercato del villaggio. In verità si sentiva un pochino titubante e timoroso di fallire e di poter guastare la sua fama amatoria. Ma, infine prevalse il desiderio e una sera, finalmente, decise di cercarsi una donna. Ne adocchiò una proprio bella e iniziò la manovra di avvicinamento, ma non appena le fu vicino e stava per parlarle sentì che le noci parlavano. Come detto dallo sciamano avevano ritrovato la loro tendenza naturale, ma avevano sviluppato anche delle pepite di quarzo chiacchierino mentre erano nel ventre del Pitone Arcobaleno. Il capo sentì che una noce diceva all'altra: "Ma l'hai vista la tipa che ha trovato? Secondo me è meglio stargli lontano: è piena di vermi!" L'altra rispose: "Hai ragione sorella. Se vuol fare tjiki-tjiki con lei, almeno dovrebbe spurgarla con le foglie di thé!" Il capo non voleva noie e non volendo ammalarsi si allontanò velocemente dalla preda potenziale. Mentre si guardava intorno e cercava altre prede vide una bella fanciulla. Aveva appena provato ad avvicinarsi che sentì la noce indignata: "E ora cerca le moribonde? Questa ha due bronchi malati e non la forza di respirare figurarti se può farci un tjiki-tjiki decente." L'altra concordò: "Senza meno è vergognoso! Mi rifiuto di fare qualcosa se prima non la guarisce con decotti d'eucaliptolo. Sarebbe un miracolo se non gli restasse morta stecchita durante la notte!" Ormai le noci avevano il potere di contrattare sulle questioni che le riguardavano. Ogni volta che il capo sceglieva una donna le vedevano ogni difetto, perciò non trovarono nessuna adatta per il tjiki-tjiki. E la cosa non migliorò nei giorni seguenti, perciò il capo decise che se voleva godersi la gioia delle donne doveva curarne qualcuna per averla compagna. Per questa ragione iniziò a preparare i rimedi per curare seguendo i consigli delle noci. Si mise a cercare erbe e scavare radici, poi si affannò a triturare, impastare e bollire le piante medicinali. Mentre mescolava ripeteva incantesimi e scongiuri creati per allontanare gli spiriti delle malattie. Bisogna dire che le noci furono insegnanti competenti e che lui era motivato a imparare veloce. Lavorò con passione per riavere le donne, ma poi continuò perché iniziò ad amare il suo compito di guaritore. Inventò delle misture azzeccate con cui fece meraviglie e non trovò più il tempo di pensare al tjiki-tjiki. Le sue cure furono risolutive anche nei casi più gravi. La sua fama si diffuse talmente che dovette prendere degli aiutanti. Ormai non poteva più fare da solo, perché troppe persone richiedevano i suoi rimedi. A ogni modo, nella sua nuova vita mise più impegno che nella vecchia vita spesa a far felici due noci. Adesso amava tutte alle persone e la nuova vita di apprendista stregone-sciamano si rivelò appagante e gioiosa. E quando, alla morte del vecchio stregone-sciamano venne eletto al suo posto per volere di tutto il villaggio ebbe la più grande soddisfazione della sua vita.Buona erranza Sharatan
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